Il caso
“Non terroristi ma criminali comuni”, su Askatasuna lo scontro è politico
Il giudice per le indagini preliminari di Torino aveva escluso la sussistenza di gravi inizi per i reati più gravi tra i quali l’associazione sovversiva. La procura presentava ricorso al Riesame che ha accolto l’istanza dei pm in relazione a sei indagati ma ha riqualificato il reato in associazione per delinquere semplice. Stiamo parlando dell’indagine sul centro sociale Askatasuna, una realtà complessa frequentata da centinaia di persone che si occupa un po’ di tutto, dalle autoproduzioni musicali ai corsi di italiano per cittadini stranieri.
Sulla base di intercettazioni telefoniche e ambientali contenute in una informativa della Digos la procura chiedeva 16 misure cautelari nell’ambito di un procedimento nato con 91 indagati. Le misure restano sospese in attesa della decisione della Cassazione perché le difese hanno impugnato il provvedimento del Riesame. A suscitare perplessità (eufemismo) in questa vicenda è proprio la questione dell’associazione per delinquere in una ricostruzione che riqualifica ben due associazioni sovversive una legata ad Askatasuna l’altra all’ex asilo occupato di via Alessandria. Spiega l’avvocato Claudio Novaro: “Il tribunale non si limita solo a negare il carattere sovversivo dell’associazione ma forse, consapevole dell’inconsistenza del teorema accusatorio, introduce una differenziazione specifica in contrasto peraltro con le migliaia di pagine riversate dalla Digos e fatte proprie dalla procura secondo cui a costituire l’associazione per delinquere non è il centro sociale ma ‘un gruppo criminale’ dedito a compiere una serie indeterminata di delitti principalmente in val di Susa che si sarebbe formato dentro Askatasuna”.
Secondo il legale “si cerca di salvare l’insalvabile”. Inoltre oltre al danno c’è una sorta di beffa utile soprattutto a livello mediatico per negare l’identità politica degli indagati, vecchio stratagemma utilizzato fin dagli anni ‘70 per affibbiare l’etichetta di “criminali comuni”. Va considerato anche che dimostrare l’esistenza di una associazione per delinquere semplice è meno difficile rispetto all’associazione sovversiva dove serve tecnicamente un elemento in più. Secondo l’avvocato Novaro “siamo a una ricostruzione del conflitto sociale a Torino e in val di Susa vista dal buco della serratura, secondo uno schema cognitivo per cui le vicende umane non sono il frutto di complesse dinamiche sociali ma una sequenza di complotti, di ordini e relative esecuzioni e il conflitto sociale non è il risultato di scelte politiche di donne e uomini ma solo un programma delinquenziale in questo caso sovradeterminato da una struttura verticistica”.
Lo scontro tra accusa e difesa resta comunque di tipo politico e riguarda la realizzazione del Tav dove in passato la procura aveva cercato, perdendo in Cassazione, di affibbiare l’etichetta di “terrorismo” alle molotov che avevano bruciato un compressore in un cantiere dell’alta velocità. Per polizia e magistratura chiosa ancora l’avvocato Novaro “ci sono a Torino e in Val di Susa dei nemici pubblici che vanno ridotti al silenzio, i centri sociali, i NoTav”. Insomma dopo averci provato sostenendo che erano terroristi adesso tornano alla carica dicendo che si tratta di delinquenti comuni.
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