L'€conomista
Nucleare, è tempo di cambiare rotta

L’energia nucleare torna in Italia: una frase ricorrente in queste settimane sui tutti i media. E se ne parla tanto in convegni, tavole rotonde, indagini conoscitive, ecc., tutte iniziative benvenute, alle quali -mi permetto di osservare- sarebbe meglio partecipassero veri conoscitori della tecnologia e del suo ruolo negli scenari energetici.
La prima considerazione che mi viene di fare è che l’energia elettro-nucleare non ha mai abbandonato il nostro Paese, anzi è più che mai protagonista dei nostri consumi elettrici: l’anno scorso, dei 51 TWh importati (record di sempre), almeno tre quarti erano di origine nucleare, prevalentemente francese, entrati in Italia o direttamente dalla Francia o via Svizzera. Si tratta di circa 38 TWh, che equivalgono alla quantità prodotta in un anno da 5 reattori da mille MW, o, se preferite, 25 reattori da 200 MW, o ancora, per gli amanti del “micro è bello”, 100 reattori da 50 MW. Ma soprattutto 38 TWh sono più del quadruplo del picco di produzione nazionale, nel 1986, prima dell’infausto referendum del 1987.
Infausto per varie ragioni. Intanto perché indetto dopo l’incidente di Chernobyl, incidente che sarebbero stato impossibile in tutte le centrali allora in esercizio nel mondo occidentale, dunque non vi era alcuna ragione tecnica per fermare i reattori in esercizio in Italia, che infatti furono gli unici 4 a subire questa sorte (incluso Caorso dopo appena 5 anni di vita), dei 173 in funzione all’epoca nei Paesi dell’attuale UE più Regno Unito e Svizzera. Ma soprattutto perché decretò la fine del Piano Energetico Nazionale, che prevedeva la costruzione di 20 GW nucleari. Se lo avessimo portato avanti, come fece la Francia, oggi il nostro mix di generazione elettrica sarebbe simile a quello francese: il prezzo dell’energia elettrica sarebbe la metà di quello attuale e le emissioni di CO2 otto volte minori.
Il primo passo è definire in Italia il quadro regolatorio, seguendo le normative europee e alle migliori pratiche internazionali. A fine gennaio è approdata in Senato una proposta di legge di iniziativa popolare e presto vi arriverà quella approvata in Consiglio dei Ministri la scorsa settimana. Le due leggi sono del tutto compatibili e non precludono il campo ad alcuna moderna tecnologia nucleare. L’auspicio è che vengano calendarizzate al più presto e discusse costruttivamente e votate anche da una parte dell’opposizione. Quale tecnologia sarà realizzata in Italia? di che taglia? dove? sono tutte decisioni tecniche, che valuteranno attentamente le autorità competenti insieme con gli investitori, che dovranno prima di tutto partire dalla reale disponibilità commerciale al momento in cui -mi auguro entro 2-3 anni- avvieremo la costruzione dei primi nuovi reattori italiani.
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