Si aggrava lo scontro tra Stati Uniti e Iran sull’arricchimento dell’uranio nei colloqui sul programma nucleare di Teheran. Ci si chiede, considerata la sfiducia che vi è tra entrambe le parti, se questo secondo round di negoziati sarà l’ultimo. Prima dell’incontro di sabato, il ministro degli Esteri iraniano ha incontrato il presidente russo a Mosca, mentre l’Iran cercava di consultarsi su come contrastare la pressione americana volta a smantellare completamente il suo programma nucleare. Dopo il nulla di fatto nel primo round di Musat del 12 aprile scorso, si prevede che il secondo incontro sarà caratterizzato da dibattiti più concreti su questioni spinose. Non vi è alcun dubbio che Trump e Netanyahu abbiano visioni e percezioni non del tutto convergenti in merito alla minaccia iraniana. Trump non vuole la guerra con l’Iran e continua a ripetere a muso duro a Netanyahu che “deve essere ragionevole”. In sostanza il presidente Usa sembra volersi accontentare di un compromesso per portare a casa al più presto qualcosa che assomigli a un successo per compensare i fallimenti registrati nella mediazione della guerra in Ucraina e in quella di Gaza. Netanyahu non vuole alcun compromesso e pensa che questo sia il momento propizio per chiudere la pratica con l’Iran.

Witkoff e le dichiarazioni su X

Lunedì sera l’inviato speciale degli Stati Uniti Witkoff ha scatenato le proteste dei falchi anti-iraniani a Washington quando ha dichiarato a Fox News di stare negoziando un accordo che permetterebbe all’Iran di mantenere un arricchimento del 3,67%, il livello necessario per l’energia nucleare civile. L’inviato di Trump, meno di 24 ore dopo, ha subito ritrattato le sue dichiarazioni in un post su X, scrivendo che “l’Iran dovrà interrompere ed eliminare totalmente il suo programma di arricchimento e di armamento nucleare”. Il voltafaccia di Witkoff probabilmente accresce lo scetticismo iraniano sull’affidabilità delle posizioni statunitensi. Le autorità iraniane restano irremovibili sul fatto che il loro diritto all’arricchimento dell’uranio, che sostengono essere destinato esclusivamente a scopi pacifici, non è negoziabile. Fonti locali in medio oriente sostengono che gli iraniani sono interessati a un accordo provvisorio per mantenere vivi i colloqui e prendere tempo ritardando nel contempo le imminenti sanzioni ONU e un possibile attacco israeliano.

L’accordo provvisorio

Vi è un precedente in merito ad un possibile provvisorio. L’Iran e le potenze mondiali avevano raggiunto un accordo provvisorio nel 2013 che, tra le altre cose, imponeva a Teheran di interrompere l’arricchimento dell’Uranio oltre il 5%, di rinunciare all’installazione di nuove centrifughe e di consentire un maggiore accesso agli ispettori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). In alternativa si parla anche di accordo temporaneo che dovrebbe prevedere il congelamento dell’arricchimento da parte dell’Iran per tutta la durata dei negoziati, in cambio della sospensione delle sanzioni di “massima pressione” inflitte dall’amministrazione Trump dopo il ritiro Usa dall’accordo nel 2018. L’AIEA stima che l’Iran abbia accumulato uranio al 60% di arricchimento quasi sufficiente da poter costruire almeno sei bombe nucleari, se ulteriormente incrementato.

Le forti divisioni

Il presidente Trump vuole risultati rapidi, e quindi, in questo senso, raggiungere un accordo anche provvisorio a breve termine potrebbe essere allettante per lui. L’Iran sta approfittando delle esigenze della Casa Bianca e sta cercando di ottenere una tregua con una sospensione delle sanzioni senza fare concessioni significative. Di questo è molto preoccupato Israele. Come riportato mercoledì dal New York Times, ci sono forti divisioni all’interno dell’amministrazione su quale tipo di risultato diplomatico sarebbe accettabile e se rispondere militarmente se l’Iran rifiutasse un accordo. Secondo il quotidiano statunitense, Trump avrebbe bloccato un attacco israeliano pianificato da Israele per maggio mirante a distruggere tutte le centrifughe e le infrastrutture in Iran installate per il programma nucleare. Interrogato giovedì sul rapporto, Trump ha dichiarato di “non avere fretta” di colpire l’Iran. “Se ci fosse una seconda opzione, penso che sarebbe molto negativa per questo paese”.