Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha fatto capire in tutti i modi che il principale obiettivo dei dazi è Pechino. Ma la competizione con la Repubblica popolare non riguarda solo i rapporti commerciali. La sfida tra Cina e Stati Uniti è un tema che investe anche il piano politico e militare. E i colpi tra le due superpotenze sono sempre più visibili anche nei principali dossier strategici e in quei conflitti che apparentemente non sembrano riguardare la competizione tra Pechino e Washington. Un primo assaggio si era già avuto nei primi giorni di presidenza Trump, quando The Donald ha messo nel mirino Panama e la possibilità che il canale fosse controllato dalla Cina. Il tema è stato sollevato anche con gli avvertimenti inviati alla Danimarca per il possesso della Groenlandia. Ma adesso, la questione, sta prendendo pieghe ancora più ampie. In Ucraina, in quella guerra che interessa Trump soprattutto per la ricerca di un accordo con la Russia che appare sempre più complicato, le luci dei riflettori si sono di nuovo accese proprio sul presunto ruolo di Pechino. Nelle scorse settimane, a destare la preoccupazione dell’intelligence e del governo ucraini e poi della stampa internazionale, era stata la cattura in Donbass di militari provenienti dalla Cina. Uomini che, secondo le loro stesse testimonianze, nulla avrebbero a che fare con Pechino, ma che sarebbero arrivati nelle fila di Mosca come mercenari, attratti da annunci web e possibilità di facili guadagni. Ma quella notizia è apparsa quasi uno “squarcio” all’interno del velo della neutralità costantemente dichiarata dal presidente cinese Xi Jinping. E in questi giorni, l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky ha ulteriormente alzato il tiro nei confronti della leadership della Repubblica popolare.

Il briefing

Durante un briefing, il presidente ha accusato Pechino di fornire armi a Mosca che vengono poi usate sul fronte ucraino. “Abbiamo finalmente ricevuto informazioni che la Cina sta fornendo armi alla Russia”, ha detto il capo dello Stato in conferenza stampa. “Riteniamo che rappresentanti cinesi siano coinvolti nella produzione di alcune armi sul territorio russo”, ha continuato Zelensky, che ha anche ammesso di avere ricevuto garanzie da Xi sul fatto “che le armi non sarebbero state vendute o inviate alla Russia”, ma di avere informazioni diverse. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, ha risposto alle accuse di Zelensky ribadendo che Pechino non ha mai fornito “armi letali” ad alcuna parte in conflitto e che la Repubblica popolare si è sempre impegnata “per porre fine alla guerra, raggiungere il cessate il fuoco e promuovere la pace e i colloqui”. Ma intanto, da Kyiv sono arrivate le prime sanzioni anche contro società cinesi.

Lo scenario

L’attenzione sulle mosse di Pechino non riguarda però il solo fronte ucraino, dove la Cina sconta anche la cosiddetta “amicizia senza limiti” siglata tra il presidente russo Vladimir Putin e Xi. Perché in questi giorni, il Financial Times ha portato alla luce anche un’altra accusa nei riguardi dell’ex Impero di Mezzo, e che riguarda il presunto supporto cinese agli Houthi. Secondo il quotidiano britannico, infatti, alcuni funzionari statunitensi avevano da tempo messo nel mirino una società cinese, la Chang Guang Satellite Technology Co Ltd, accusata di fornire dati di intelligence e immagini satellitari ai ribelli dello Yemen. “Gli Stati Uniti hanno più volte espresso in via riservata al governo cinese le loro preoccupazioni”, ha detto un alto funzionario del Dipartimento di Stato al Ft. Ma secondo le fonti, le autorità cinesi non sono mai intervenute, nonostante la società sia collegata proprio all’esercito del gigante asiatico. E la stessa portavoce del Dipartimento di Stato, Tammy Bruce, ha poi confermato le accuse sostenendo che l’azienda “sostiene direttamente gli attacchi Houthi contro interessi statunitensi”. “Le loro azioni e il sostegno di Pechino alle loro attività sono un altro esempio delle affermazioni vuote di Pechino che afferma di sostenere la pace” ha detto la funzionaria. E questo atto d’accusa nei riguardi di Xi è perfettamente in linea con le mosse di Zelensky sul fronte ucraino, a confermare anche un possibile riavvicinamento di Kyiv e Washington certificato dal prossimo accordo sui minerali e dal nervosismo di The Donald con i russi.

La Cina chiude al gas USA

La Cina per ora nega ogni accusa o evita di fornire risposte dettagliate. Ma intanto, sempre il Financial Times, ha rivelato un altro terreno in cui Xi ha piazzato il suo nuovo colpo: quello del gas. Pechino, infatti, da circa dieci settimane ha completamente azzerato le importazioni di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti, lo stesso bene che invece la premier Giorgia Meloni ha confermato di volere acquistare di più per l’Italia. L’ultima nave carica di Gnl americano è arrivata in Cina il 6 febbraio, nella provincia del Fujan. E intanto da Washington è arrivato un altro provvedimento: nuove tasse portuali su tutte le navi realizzate nei cantieri cinesi o di proprietà cinesi.