Da ieri è in vigore la norma che prevede, per chi ha compiuto i 50 anni, il Green pass rafforzato (ossia quello ottenuto a seguito di vaccinazione e di guarigione da Covid) per accedere al luogo di lavoro, pena la sospensione dal lavoro e della relativa retribuzione.

Una norma contro la quale si è schierata una parte dell’avvocatura, riunita nell’associazione “Avvocati per le Libertà e per la quale la norma che introduce l’obbligo di Green pass limiterebbe libertà e diritti fondamentali. In tema di difesa processuale, in particolare, si contesta il passaggio della norma secondo cui «l’assenza del difensore conseguente al mancato possesso o alla mancata esibizione della certificazione verde Covid -19 non costituisce impossibilità per legittimo impedimento». In sintesi, se il mancato possesso del Green pass non viene considerato come un legittimo impedimento, si teme che il diritto del cittadino di scegliere liberamente il proprio avvocato difensore possa essere condizionato dalla questione sanitaria, come a dire che invece di considerare le sole capacità professionali de legale si finirà per considerare anche la scelta dell’avvocato di vaccinarsi o meno.

«A tale scopo – fa sapere il coordinamento degli Avvocati per le Libertà – ci impegniamo sin da subito a creare una rete di solidarietà professionale, assolutamente gratuita, in favore di tutti i colleghi ultracinquantenni raggiunti dal provvedimento de quo, al fine di proporsi per la sostituzione processuale ed endoprocedimentale in tutte le controversie civili e penali, e dare la possibilità concreta ai colleghi discriminati di poter continuare ad espletare il loro mandato fiduciario nei confronti dei loro assistiti».

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