Più che la richiesta di essere inseriti tra le categorie da vaccinare con una certa priorità, è stata la minaccia della sospensione dell’attività giudiziaria ad aver innescato la miccia della polemica attorno al documento con cui l’Associazione nazionale magistrati, in risposta alle nuove priorità stabilite dal Governo per il piano vaccinale (età anagrafica e non più per categorie di lavoratori), aveva invitato i capi degli uffici giudiziari ad attuare misure più stringenti per ridurre l’attività giudiziaria e addirittura sospenderla nei casi considerati meno urgenti. Nella Cittadella giudiziaria di Napoli la presa di posizione dell’Anm non è condivisa da tutti.

Le opinioni in seno alla magistratura napoletana si dividono. Nessuno nasconde le preoccupazioni legate alla pandemia, ma sulla priorità per le vaccinazioni i fronti si spaccano: ci sono magistrati più propensi ad avere una corsia preferenziale in ragione dell’alto livello di rischio a cui si sentono esposti e altri magistrati che invece sono per attendere pazientemente il proprio turno, ritenendo che il rischio del proprio lavoro quotidiano non sia di tanto superiore a quello di altri lavoratori meno rappresentati a livello sindacale e corporativo e per questo lasciati più nell’ombra. Calando il discorso nella realtà locale napoletana si arriva poi a fare i conti con una serie di disagi, alcuni legati a un Palazzo di Giustizia che si sviluppa in verticale e costringe a un uso frequente degli ascensori, e altri, i più significativi, dovuti agli affanni dei processi numerosi, dei tanti fascicoli arretrati, e di udienze, soprattutto quelle dinanzi al giudice monocratico, che continuano a essere affollate anche quando l’organizzazione per fasce orarie viene effettivamente osservata.

Tutti hanno impresse nella mente le immagini dei corridoi deserti e delle aule di giustizia vuote, dei rinvii e dei diritti sacrificati che hanno caratterizzato, un anno fa, la prima fase della pandemia. La giustizia è stata tra i settori ripartiti con più lentezza e l’idea che si possa pensare ora di tirare di nuovo il freno a mano spaventa molti. E fa rabbrividire anche l’avvocatura.

“La categoria non è più a rischio di altre: aspettiamo il turno” – Nicola Graziano

«Credo che la categoria a cui appartengo non sia più a rischio di tante altre che non hanno invocato a gran voce la necessità e l’urgenza di fare il vaccino. È molto grave leggere nella parte conclusiva del comunicato dell’Anm che bisognerebbe rallentare le attività degli uffici giudiziari fino alla sospensione di quelle non urgenti. Io non credo sia un comunicato felice se solo penso alla giusta levata di scudi degli avvocati che vivono di attività giudiziaria e anche di ricevimento dei clienti presso i loro studi. Del resto le misure rigorosissime adottate dai dirigenti degli uffici giudiziari sono tali e tante da ridurre al minimo il rischio. In questa fase, senza gridare ad un allarme diffuso, ci si potrebbe mettere in coda fuori ad un ospedale e sperare di ricevere il vaccino che in quella giornata è residuato e altrimenti andrebbe buttato via perché in scadenza. Magari senza qualificarsi ma semplicemente come cittadino. Sarebbe un silenzioso esempio di compostezza civile che in questa fase (così buia) che sta attraversando la magistratura italiana a causa degli scandali di palazzo che l’hanno colpita darebbe un po’ di luce che non guasterebbe affatto».

“No, nessun privilegio. Si tratta di tutelare chi lavora nelle aule” – Paolo Itri

«Ristoranti e palestre sono chiusi da mesi perché vengono considerati luoghi a rischio. I tribunali, luoghi altrettanto a rischio come gli ospedali e le caserme, restano invece aperti, e ciò in quanto la salute, la giustizia e l’ordine pubblico sono beni essenziali secondo la Costituzione. Per quale motivo chi si reca al ristorante o in palestra dovrebbe ricevere maggiore tutela di chi deve recarsi in tribunale per lavoro, oppure perché è parte in causa o testimone di un processo? Qui non si tratta di riconoscere privilegi, ma semplicemente di mettere in sicurezza i luoghi più a rischio, al solo scopo di proteggere tutti i cittadini, nessuno escluso, dal pericolo di esposizione al contagio».

“Per ora è più saggio limitarsi alle attività davvero necessarie” – Tullio Morello

«L’Anm non ha preteso o sollecitato una priorità nella vaccinazione, nel senso che in alcune regioni questa era stata individuata come una soluzione, soluzione che mi sembra anche opportuna visto che le attività ritenute essenziali erano quelle che richiedevano una priorità, sempre dopo le persone più anziane e più fragili. Ora che è venuto meno questo criterio, l’Anm propone di rallentare l’attività giudiziaria: non si chiede che i tribunali debbano chiudere ma che ci si limiti alle attività più importanti, almeno finché si è in zona rossa. Le polemiche contro la magistratura le trovo quindi gratuite e ingiuste. E il Governo non avrebbe dovuto lasciare come al solito il cerino in mano ai dirigenti o al singolo giudice».

“Occorre immunizzare tutto il personale del nostro comparto” – Nicola Russo

«Il nostro è un settore attualmente molto esposto e l’ottica dovrebbe essere quella di considerare il comparto giustizia (comprensivo di tutti i soggetti che lo costituiscono) come un servizio essenziale. La questione non è considerare la vaccinazione come un privilegio fornito a una casta, bensì come uno strumento per diminuire l’incidenza dei contagi. Gli operatori della giustizia sono quotidianamente a contatto con una pluralità di soggetti in ambienti insalubri e nei quali non è semplice assicurare il distanziamento e il contingentamento delle presenze. Se ha un senso l’indicazione di priorità questa deve essere orientata a bloccare la catena di contagio soprattutto in quegli ambiti in cui l’imprevedibilità dei contatti rende più probabile l’ulteriore diffusione da parte del vettore interno e nei quali, trattandosi di attività d’interesse primario per la collettività (e l’amministrazione della giustizia è tra queste), non si può rischiare che un elevato numero di soggetti collocati in quarantena blocchi il funzionamento del servizio (data anche l’infungibilità specifica nei ruoli). Detto questo, personalmente aspetto pazientemente il mio turno».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).