La questione del Green pass negli uffici giudiziari rischia di accendere nuovi focolai di polemiche e intanto inizia già a dividere l’avvocatura napoletana. A fronte di una ampia maggioranza favorevole al green pass anche per agli avvocati purché si ritorni al libero accesso alle cancellerie come consentito prima della pandemia, c’è una minoranza che, pur non dichiarandosi no-vax, si dice no-green pass nella misura in cui, consentire l’accesso ai soli muniti di certificazione verde, significa non tutelare la scelta di chi non si è vaccinato. Insomma, il tema promette di infiammare le aule di tribunale e i dibattiti pubblici anche in seno all’avvocatura e al mondo giudiziario napoletano.
Ma cosa prevede la norma? Il decreto legge sull’impiego delle certificazioni verdi nei Palazzi di Giustizia prevede, dal prossimo 15 ottobre al 31 dicembre, l’obbligo di accedere agli uffici giudiziari muniti di green pass e tale obbligo vale per i magistrati ordinari e onorari, per il personale amministrativo, i contabili, i militari, gli avvocati e i procuratori dello Stato, i componenti delle Commissioni tributarie. In pratica, per tutti coloro che rientrano nella sfera dei dipendenti del settore giustizia della pubblica amministrazione. Nel decreto si chiarisce che l’obbligo non sussiste per avvocati, difensori, consulenti, testimoni e parti del processo. Per loro, in particolare per gli avvocati, varranno fino al 31 dicembre le limitazioni previste dai capi degli uffici giudiziari nell’ambito delle misure anti-Covid, come le restrizioni agli accessi nelle cancellerie.
Di qui la proposta che Consiglio dell’Ordine degli avvocati e Camera penale di Napoli hanno rivolto ai vertici degli uffici giudiziari napoletani affinché siano abolite queste restrizioni per gli avvocati che esibiscono green pass o tampone negativo entro le 48 ore precedenti l’accesso. Il presidente degli avvocati Antonio Tafuri e il presidente dei penalisti napoletani Marco Campora sono pronti a incontrare il presidente del distretto della Corte d’appello Giuseppe De Carolis e i vari capi degli uffici per discutere di questa possibilità. «Finalmente si può pensare a una riapertura totale delle cancellerie – afferma Campora – e a rivedere il numero di processi da trattare. Ci sembra che i tempi siano maturi per eliminare quelle misure emergenziali che erano state applicate in un momento di chiusura totale». Si parte dal presupposto che oltre l’80% degli avvocati è vaccinato e che i motivi fondanti le restrizioni agli accessi agli uffici giudiziari e in particolare alle cancellerie «appaiono ormai superati nonostante la formale persistente vigenza dello stato di emergenza sanitaria», si legge nella delibera del Consiglio dell’Ordine degli avvocati. Di qui la proposta di riaprire le cancellerie, o in subordine di fare in modo che «tali limitazioni, in primis obbligo di prenotazione, siano escluse per gli avvocati dotati di green pass o di tampone negativo entro le 48 ore precedenti l’accesso».
E proprio su questa alternativa considerata dal Consiglio forense non si è raggiunto l’accordo tra tutti gli avvocati, a cominciare dai consiglieri Immacolata Troianiello, Eugenio Pappa Monteforte, Carmine Foreste, Ilaria Imparato, Giacomo Iacomino e Antonio Valentino, che hanno votato contro la parte delibera del Coa che prevede di escludere le limitazioni agli accessi agli uffici giudiziari agli avvocati non dotati di green pass. Il motivo è legato alla volontà di tutelare anche la cosiddetta minoranza, quei colleghi cioè che hanno ritenuto di fare una scelta diversa e non vaccinarsi. È un primo dibattito a più voci. Il tema è caldo e c’è da aspettarsi che nei prossimi giorni torni al centro di polemiche e opinioni diverse in seno al mondo forense e giudiziario.
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