Noi robot
La sfida tecnologica
Ora la Cina innova e gli Stati Uniti imitano: come DeepSeek può ribaltare le regole del gioco
La nuova IA cinese, che sfida i modelli tradizionali di OpenAI e Google, è un’attrice che spiazza tutti. Pechino può sorpassare gli Usa e affermarsi come leader per i progressi dell’Intelligenza Artificiale

Una gioia trionfalistica ha illuminato l’Internet cinese di queste settimane: il modello di IA più intelligente ed economico mai realizzato fino a ora di DeepSeek è stato definito, da un dirigente cinese del settore tecnologico, un “traguardo scientifico e tecnologico che plasma il nostro destino nazionale”. La faccia speculare alla gioia cinese è stata quella dolorosamente preoccupata dei grandi gruppi tecnologici statunitensi, con gli investitori che si sono chiesti se la svolta di DeepSeek non indebolisca la loro colossale spesa in infrastrutture IA: le azioni tecnologiche ed energetiche statunitensi hanno perso 1 trilione di dollari del loro valore di mercato di recente, sebbene poi abbiano riguadagnato un po’ di terreno più avanti.
Bisogna ricordare che l’immagine stereotipata della Cina all’estero potrebbe ancora essere quella di un’economia manifatturiera sovvenzionata dallo Stato e ad alta intensità di capitale, che eccelle nel produrre hardware a basso costo, come smartphone, pannelli solari e veicoli elettrici. Ma, nella realtà delle cose, la Cina è emersa molto tempo fa come una superpotenza globale del software, superando l’Occidente nell’e-commerce e nei servizi finanziari digitali, e ha investito massicciamente anche nell’Intelligenza Artificiale.
“L’emergere di DeepSeek confonde molti dei pregiudizi abusati sull’innovazione cinese, sebbene sia ben lungi dall’essere una tipica azienda cinese. Di sicuro invalida il vecchio detto secondo cui, mentre gli Stati Uniti innovano, la Cina imita e l’Europa regola”, dice John Thornhill, columnist del Financial Times che segue per il quotidiano britannico i temi dell’innovazione e delle nuove tecnologie. Per molti versi – spiega Thornhill – “DeepSeek assomiglia a una startup della Silicon Valley autofinanziata, anche se non è stata fondata in un garage”. Lanciata nel 2023, l’azienda ha la stessa ambizione altisonante di OpenAI e Google DeepMind di raggiungere un’Intelligenza Artificiale di livello umano. Ma “c’è un ma”, chiarisce il giornalista del FT: “Il suo fondatore, Liang Wenfeng, gestisce uno dei principali hedge fund cinesi, il che significa che la società non ha dovuto raccogliere finanziamenti esterni”.
In un’intervista ripubblicata nella newsletter China Talk, Liang ha spiegato molto bene la storia di DeepSeek, definendone ulteriormente le peculiarità. Ha specificato, intanto, che essa operava più come un laboratorio di ricerca che come un’impresa commerciale. E quando reclutava, dava priorità alle capacità rispetto alle credenziali, assumendo giovani ricercatori formati in Cina. Liang ha sottolineato che a queste persone veniva dato “lo spazio per esplorare e la libertà di commettere errori”. “L’innovazione spesso nasce in modo naturale, non è qualcosa che può essere pianificata o insegnata in modo deliberato”, ha detto testualmente. DeepSeek si basa su modelli di Intelligenza Artificiale open source, come Llama di Meta, in contrasto con i modelli proprietari preferiti da OpenAI e Google; si concentra strettamente sul linguaggio nella sua ricerca per raggiungere l’AGI, piuttosto che tentare di diventare multimodale e incorporare immagini, audio e video.
L’approccio mirato di DeepSeek gli ha permesso di sviluppare un modello di ragionamento convincente, senza la necessità di una potenza di calcolo straordinaria e apparentemente a una frazione del costo dei suoi concorrenti statunitensi. Subito, prosegue Thornhill, “come con altre app cinesi, i politici americani si sono affrettati a sollevare preoccupazioni sulla sicurezza e sulla privacy. E OpenAI ha persino accusato la società cinese di possibili violazioni dei diritti di proprietà intellettuale”. Ma queste accuse sono piuttosto ridicole, considerando tutte le cause esistenti contro OpenAI per violazione del copyright altrui, proprio perché – a sua volta – la società condotta da Sam Altman avrebbe utilizzato dati di training “rubati” dalla Rete.
Così, mentre alcune grandi aziende tecnologiche statunitensi hanno risposto allarmate al modello di DeepSeek, sono stati numerosi gli sviluppatori americani che si sono subito lanciati sulle opportunità che la tecnologia cinese potrebbe generare: le capacità e la convenienza del modello di ragionamento di DeepSeek potrebbero consentire loro di distribuirlo per un numero sempre maggiore di utilizzi. Ironia della sorte, spiega Thornhill, questo “potrebbe consentire agli Stati Uniti di trarre maggiori benefici dalla svolta di DeepSeek rispetto alla stessa Cina che, negli ultimi anni, ha strozzato il proprio settore privato poiché lo Stato ha esercitato un controllo sempre più stretto”. Insomma, DeepSeek ha stroncato l’arroganza dell’aristocrazia tecnologica Usa: temporaneamente, conclude con il sorriso Thornhill, “potrebbe trattarsi di un caso di innovazione della Cina e di imitazione degli Stati Uniti”. Ma è solo una deviazione spettacolare della storia o l’inizio di una tendenza a lungo termine?
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