Sì & No
Ordinanza Monfalcone, una norma tecnica urbanistica non può privare gli individui della loro preghiera
Nel “Si&No” del Riformista spazio al dibattito sull’ordinanza del comune di Monfalcone contro “le preghiere islamiche nel piazzale”. Favorevole Anna Maria Cisint, sindaco di Monfalcone, contrario lo scrittore Andrea Venanzoni.
Qui sotto il commento di Andrea Venanzoni:
C’è qualcosa che rimanda, tragicamente, lo spirito gramo dei tempi nei provvedimenti adottati dalla amministrazione del Comune di Monfalcone, in Friuli-Venezia Giulia e con i quali si sono vietate le preghiere dei fedeli musulmani; prima si sarebbero dovute tenere nel centro islamico “Darus Salaam”, acquistato dai fedeli islamici nel corso degli anni e poi giudicato, a seguito di controlli edilizi, avere una destinazione d’uso non conforme a luogo di culto. Storia vecchia e non solo friulana; spesso la normativa edilizia e quella sulla sicurezza dei locali, facendo leva sulla destinazione d’uso, sono state usate come foglia di fico per celare degli interventi che finivano per incidere, in maniera non banale, sulla libertà di culto. Successivamente il Comune guidato dalla sindaca Anna Maria Cisint, della Lega, ha optato per un ulteriore divieto, andando a incidere sull’area esterna di un market dove i fedeli si sarebbero dovuti radunare e che, anche in questo caso, gli occhiuti e assai solerti tecnici comunali hanno decretato essere area di cantiere, anche nelle sue porzioni pertinenziali e come tali inibite alla presenza e, figuriamoci, alla preghiera. Risultato, uguale a quello di prima; un divieto che nei fatti preclude la preghiera degli islamici.
La polemica politica che ne è seguita, come al solito, assume sfumature e toni da gazzarra; per la sinistra, la Cisint sarebbe addirittura islamofoba, per il segretario regionale leghista, Marco Dreosto, utilizzare certe argomentazioni come ha fatto l’esponente friulano di Sinistra Open Furio Honsell, secondo cui “le scelte politiche della sindaca Cisint di Monfalcone sono anticostituzionali, perché discriminatorie e violano gli articoli 3, 8 e 19 della Costituzione sui diritti fondamentali come quello di professare la propria religione anche in forma associata” sarebbe una sorta di avallo del radicalismo islamico. “Da che parte stanno lui e la sinistra regionale? Da quella dei talebani, di Hamas, di chi vieta i diritti civili alle donne, di chi vieta di portare un crocifisso?”, ha chiosato polemicamente Dreosto. Un tantino esagerato, a dire il vero.
Questa equiparazione tout court tra un tentativo di esercitare una libertà costituzionalmente tutelata e il presunto favore per Talebani e Hamas appare non solo esagerata, ma anche un assist alla radicalizzazione di individui che nei fatti vedono negato l’esercizio del loro culto. La marginalizzazione di alcune fedi incide negativamente sulla integrazione, sulla emersione alla luce dei luoghi di culto; impedisce anche un monitoraggio di cosa effettivamente venga predicato e concilia così la sommersione dei fedeli all’interno di spazi oscuri, lasciando languire una fede e i suoi seguaci in un’area interstiziale. Il viatico perfetto per radicalizzare individui magari già problematici, che troveranno in vicende come questa le “conferme” al fatto di essere in Occidente figli di un Dio minore. E se è certo vero che i fedeli islamici spesso dovrebbero comprendere la differenza che intercorre tra centro culturale e luogo di preghiera, su cui spesso sorvolano con eccessiva leggerezza, del pari suona increscioso arrivare a cavillare in punta di normativa urbanistica, con una sequela di controlli e di verifiche, senza peritarsi comunque di cercare collaborativamente una soluzione alternativa per garantire la preghiera.
La preghiera non è un raduno politico, ma si rischia di trasformarla in ciò proprio con questo atteggiamento e anche a causa di un dibattito piccino. “La prima figlia della bellezza umana, della bellezza divina, è l’arte. La seconda figlia della bellezza è la religione”, ha scritto Hölderlin in Iperione. Proprio in questo momento storico, in un mondo sempre più ferito, diviso, lacerato e insanguinato, in cui con eccessiva leggerezza si lascia che una norma tecnica urbanistica deprivi gli individui della loro preghiera; al contrario sarebbe necessario riprendere in mano l’essenza della bellezza religiosa e della sua libertà.
© Riproduzione riservata