Per il ministro la situazione nelle carceri è sotto controllo ma sono 159 i positivi
Passerella Bonafede a Rebibbia, il ministro parla di distanziamento sociale e i detenuti insorgono

Protesta nel carcere romano di Rebibbia. I detenuti di un reparto hanno messo in atto una manifestazione in concomitanza con la visita presso l’istituto del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che si è recato nella sala teatro della Casa circondariale romana. Insieme con il guardasigilli anche il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia e il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli. L’Amministrazione carceraria ha fatto sapere che si sarebbe trattato di una protesta di una ventina di detenuti.
Bonafede in un punto stampa ha illustrato come un grande successo le decisioni prese in materia delle carceri durante l’emergenza coronavirus. “Adesso uno sforzo in più: abbiamo deciso, con una sinergia importantissima tra il ministero della Giustizia, la Protezione Civile, il ministro Boccia e quello della Salute Speranza”. Il ministro ha presentato a Rebibbia i 62 operatori socio-sanitari che già da domani presteranno la propria attività presso gli istituti penitenziari per adulti e le strutture minorili del Lazio. Fanno parte della task force dei mille operatori selezionati con il bando emanato dalla Protezione civile di concerto con i ministeri della Giustizia, della Salute e degli Affari regionali e che opererà nelle carceri italiane fino al 31 luglio 2020 in ausilio al personale sanitario.
Secondo il ministro la situazione sarebbe sotto controllo nelle carceri, perché “i contagi sarebbero comunque bassi, circa 150 in tutto il Paese”. Per Bonafede non sono quindi preoccupanti le norme di distanziamento sociale difficilmente osservabili nelle carceri, la possibilità che si trasformino in un focolaio, il sovraffollamento e le rivolte che si sono animate il mese scorso. E infatti il ministro ha annunciato di aver “firmato per nuove applicazioni e proroghe 686 provvedimenti per 41 bis”.
Nella stessa struttura di Rebibbia, allo scoppio dell’epidemia all’inizio della quarantena, si era verificata una rivolta come in altre decine di carceri italiane. A causare in quel caso le proteste, anche violente, la sospensione dei colloqui con i familiari a causa dell’emergenza coronavirus. Le rivolte di inizio marzo avevano provocato la morte di 13 detenuti. Appelli per le condizioni in cui versano le carceri italiane, e per il pericolo coronavirus, sono stati lanciati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, da Papa Francesco, dalla Corte di Cassazione, dall’Unione delle Camere penali, da ong e organizzazioni di volontariato.
Il Garante Nazionale dei Detenuti Mauro Palma ha dichiarato che al primo maggio i detenuti contagiati sono 159, un dato in ascesa, 215 gli agenti di polizia penitenziaria. Sono 53.187 le persone nelle carceri italiane, un numero in riduzione, ma che secondo Palma lascia inalterata la necessità di un “ulteriore impulso affinché sia possibile, in termini di spazi di gestione e di tutela delle salute di chi negli istituti opera e di chi vi è ospitato, disporre di sufficienti possibilità per fronteggiare ogni possibile negativo sviluppo dell’andamento del contagio”.
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