Il merito è forse discutibile, il metodo è senz’altro sbagliato. Si può essere favorevoli o contrari al nuovo Meccanismo europeo di stabilità (Mes), ma è difficile accettare che la trattativa tra il governo Conte 1 e i partner europei sia avvenuta senza coinvolgere adeguatamente il Parlamento, i media e persino l’Associazione bancaria italiana. Nessun dibattito pubblico, nessun mandato politico, nessun confronto con i diretti interessati. La riforma del fondo europeo deputato a prestare soldi agli stati in crisi arriverà nelle aule parlamentari sostanzialmente chiusa: prendere o lasciare. Un metodo non nuovo né casuale. Tutte le decisioni più importanti assunte dai governi lungo la strada tortuosa dell’Europa unita sono state prese così: «Senza che le popolazioni si accorgano di quanto sta accadendo», teorizzava già nel 1952 Jean Monnet. Il metodo funziona finché tutto va bene, ma ai primi venti di crisi ci si accorge che senza coinvolgere “le popolazioni” e responsabilizzare i parlamenti non prende vita quel sentimento di identità comune in mancanza del quale il sogno europeista delle élite è destinato a trasformarsi in incubo nella coscienza delle masse. La colpa, però, non è della cosiddetta Europa, ma della Politica. Accadde anche con il bail-in, recepito dall’Italia nel 2015.

Tutti fingevano di ignorare l’incombenza di quella nuova regola europea in base alla quale se una banca fallisce a rimetterci sono correntisti, azionisti e obbligazionisti. Il Parlamento la approvò con indifferenza quasi all’unanimità senza percepirne i rischi. Li capirono quando fummo obbligati ad applicarla rettorativamente a quattro banche (Banca Marche, Etruria, Cariferrara, Carichieti) con effetti devastanti. Nel luglio 2012, con il recepimento del Fiscal compact, non andò meglio. L’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione e il piano serrato di rientro per chi ha un rapporto debito-Pil superiore al 60% furono liquidati dalla Camera con un dibattito dai tempi contingentati, Nessun giornale diede la notizia in prima pagina. L’Europa ha le sua colpe, non c’è dubbio. Ma le colpe di un’Europa tendente alla tecnocrazia riflettono le colpe di una Politica e di un sistema mediatico inclini all’irresponsabilità. La stessa irresponsabilità dei due vicepremier del Conte 1, che fingono oggi di ignorare quel che con tutta evidenza ieri ben sapevano. La stessa irresponsabilità del Conte2, che, al pari del Conte1, licenzia una manovra in deficit guardandosi bene dal dare anche solo un vago segnale di discontinuità aggredendo quello che, a torto o a ragione, viene considerato dai partner europei e dai mercati il nostro più gravoso fardello: il debito pubblico.

Andrea Cangini

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