Le motivazioni
Perché è stato scarcerato Pasquale Zagaria, mente economica dei Casalesi
Stamattina la maggior parte dei quotidiani titola “Scarcerato il boss Zagaria”o “Il virus scarcera boss”. Il Giornale apre con “L’allarme lanciato da numerosi magistrati antimafia non basta. Continua la scarcerazione di boss della criminalità organizzata che nelle pieghe dell’emergenza Covid-19 trovano lo spiraglio per uscire dal carcere”. Una lettura troppo semplicistica della vicenda che merita l’analisi delle carte. Prima di entrare nel merito vediamo cosa è successo: Pasquale Zagaria, 60 anni, fratello di Michele, boss del clan dei Casalesi, è stato scarcerato per motivi di salute dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari e trascorrerà i prossimi cinque mesi ai domiciliari in un paesino in provincia di Brescia, insieme alla moglie e ai due figli. Potrà uscire solo per esigenze sanitarie. È attualmente detenuto al regime di 41 bis per finire di scontare una pena di 21 anni e 7 mesi. Non si è mai macchiato di reati di sangue.
Uno scandalo per molti questo differimento pena, considerata la caratura criminale e i geni in comune con il fratello. Zagaria si consegnò, dopo un periodo di latitanza, alle forze dell’ordine nel giugno del 2007; è considerato dagli inquirenti la mente economica del clan del Casalesi, dopo aver trasferito il settore di maggior interesse del clan, il cemento, a Parma, città nella quale, grazie a lui, la cosca ha pilotato l’aggiudicazione di appalti a ditte ‘amiche’. Durante la detenzione in varie carceri italiane ha subìto “un trattamento inumano e degradante”, mancando il riscaldamento in cella, e per questo motivo il magistrato di sorveglianza di Cuneo, Stefania Bologna, gli aveva ridotto la pena di 210 giorni.
Ma ora cerchiamo di capire bene i motivi alla base della decisione del Tribunale di Sorveglianza riportando alcuni stralci dell’ordinanza, il cui estensore è il dottor Riccardo De Vito.
In merito al quadro clinico “Non vi è dubbio – si legge – infatti, che il detenuto soffra di una patologia grave e qualificata – “carcinoma papillifero di basso e focalmente altro grado” della vescica – per la quale ha subito un importante intervento chirurgico di resezione transuretrale della vescica e un successivo ciclo di immunoterapia per instillazione endovescicale”.
Il problema è che “il paziente non può effettuare il follow-up post-chirurgico e post-terapia in quanto il Centro clinico di riferimento è stato individuato come Centro Covid-19. Sarebbe quindi opportuno il trasferimento del paziente presso altro Istituto che possa garantire il prosieguo dell’iter diagnostico-terapeutico. A seguito di tali informazioni, questo Tribunale – udienza del 9. 4. 2020 – ha chiesto ulteriori approfondimenti al responsabile sanitario del carcere – al fine di verificare se vi fossero ulteriori strutture ospedaliere in Sardegna ove poter effettuare il follow-up previsto – e al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, per verificare l’eventuale possibilità di trasferimento in altro Istituto penitenziario attrezzato per quel trattamento o prossimo a struttura di cura nella quale poter svolgere i richiesti esami diagnostici e le successive cure. Dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non è giunta risposta alcuna“.
Mentre dalla casa circondariale di Sassari fanno sapere che il paziente non può effettuare i controlli previsti “né presso l’AOU di Sassari né all’interno della CC di Sassari”.
Questi i motivi principali della decisione. E secondariamente l’uomo non può restare neanche nella sua cella singola perché rischierebbe di essere esposto a contagio in tutti i casi di contatto con personale della polizia penitenziaria e degli staff civili che ogni giorno entrano ed escono dal carcere.
Pertanto, ” all’esito di un confronto tra storia clinica del paziente e testo normativo, questo Tribunale reputa che […] Pasquale Zagaria debba avere accesso al differimento della pena per grave infermità fisica“.
Ma soprattutto perché, e non poteva essere diversamente conoscendo la grande sensibilità nell’affrontare queste questioni di Riccardo De Vito, ” Lasciare il detenuto in tali condizioni, pertanto, equivarrebbe esporlo al rischio di progressione di una malattia potenzialmente letale, in totale spregio del diritto alla salute e del diritto a non subire un trattamento contrario al senso di umanità”.
Su questa scarcerazione il Ministero della Giustizia vuole vederci chiaro ed ha incaricato gli ispettori di Via Arenula di svolgere accertamenti, anche all’interno del Dap. Che, dal canto suo, smentisce attraverso una nota stampa di non aver interloquito con il Tribunale di Sorveglianza di Sassari, il quale ” è stato costantemente informato delle attività degli uffici dell’Amministrazione Penitenziaria per trovare al detenuto Pasquale Zagaria una collocazione compatibile col suo stato di salute. Tutti i passaggi che si stavano compiendo sono stati oggetto di comunicazione al Tribunale di Sorveglianza, con almeno tre messaggi di posta elettronica, ultimo dei quali risalente allo scorso 23 aprile “.
Basito per la scarcerazione è Catello Maresca, uno dei pm antimafia che arrestò Zagaria. “Non ci posso credere – dice all’Ansa – Si sta praticamente ricostituendo uno dei clan più pericolosi del Paese. Spero solo che ora lo Stato si preoccupi di tutte le persone che corrono seri rischi a seguito di questa scarcerazione – aggiunge – a partire dai colleghi in prima linea che sono stati pesantemente minacciati. E se ci sono responsabilità, che vadano accertate e sanzionate. Qui si sta giocando con la vita delle persone perbene”.
Ma indirettamente è la stessa ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Sassari a rispondere a tale preoccupazione, avendo svolto accertamenti più specifici sulla pericolosità sociale di Zagaria: ” Di particolare importanza, sotto questo profilo, sono state le motivazioni del decreto di revoca della misura di prevenzione della sorveglianza speciale – Corte di Appello di Napoli in data 22. 1. 2015 –, nelle quali è dato leggere quanto segue: “A fronte di tale complesso di elementi non può ritenersi che l’appartenenza dello Zagaria alla associazione camorristica, certamente attuale all’epoca del decreto emesso nell’anno 2004, fosse tale anche nell’anno 2011, atteso che, coerentemente con le premesse, il prolungato periodo di detenzione, posto in correlazione con la circostanza che il detenuto si costituì spontaneamente in carcere e, nel corso del processo penale, rese confessione in ordine a gran parte dei reati contestati, condotta che rappresenta un inequivocabile sintomo di iniziale ravvedimento, inducono ad escludere la concreta operatività della presunzione di perdurante al momento della formulazione del giudizio”. Va poi osservato che anche i procedimenti penali pendenti – due – riguardano fatti risalenti a periodi coevi o antecedenti quelli dei reati giudicati con le sentenze in esecuzione. Alle rassicuranti conclusione della Corte di Appello di Napoli si aggiunge anche il comportamento processuale tenuto da Zagaria nel procedimento camerale partecipato di sorveglianza. Lo stesso detenuto, infatti, ha mostrato interesse esclusivamente per soluzioni di cura, anche in altri istituti penitenziari, e non univocamente per soluzioni extramurarie“.
La critica alla decisione di Sassari mette d’accordo Giorgia Meloni e Annalisa Chirico. La prima fa sapere da Facebook: “Fratelli d’Italia denuncia da giorni questa vergogna ma Conte e Bonafede non muovono un dito. Il Governo ritiri immediatamente le circolari del Dap che consentono questa oscenità e ripensi la normativa carceraria per mettere fine a questo scempio. La pazienza è finita”. La seconda da twitter: ” Chiunque abbia a cuore lo stato di diritto vede il fallimento dello stato quando boss mafiosi&capi mandamento escono dal carcere. Oggi Pasquale Zagaria, dei casalesi. Il mio pensiero va ai familiari vittime, magistrati e collaboratori d giustizia che contribuirono al suo arresto”.
In sostegno invece si esprime l’Associazione Antigone, con il Presidente Patrizio Gonnella: “Anche nel caso relativo alla concessione della detenzione domiciliare per motivi di salute a Pasquale Zagaria si sta creando un polverone strumentale e inaccettabile. La magistratura di sorveglianza deve poter svolgere il proprio lavoro in modo indipendente applicando la legge. La legge, a partire dalla nostra Costituzione, prevede che il diritto alla salute sia garantito ad ogni individuo (art. 32) e che la pena non possa consistere in trattamenti contrari al senso di umanità (art. 27). Disposizioni che valgono per tutti, senza eccezioni di sorta”.
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