Un personaggio unico, inimitabile. Era questo e tanto altro Giampiero Galeazzi, volto storico del giornalismo sportivo italiano scomparso oggi a Roma all’età di 75 anni, dopo una lunga malattia.

Ex professionista nel canottaggio, specialità a cui sarà sempre legato con le sue celebri telecronache ancora oggi rimaste nell’immaginario degli amanti dello sport, la sua voce resterà per sempre la ‘colonna sonora’ dei trionfi olimpici dei fratelli Abbagnale alle olimpiadi di Seoul 1988 e di Antonio Rossi e Beniamino Bonomi a Sydney 2000.

Galeazzi che per il grande pubblico resterà sempre ‘Bisteccone’, un soprannome che gli resta ‘appiccicato’ sin dagli anni Settanta. A raccontare da dove nacque il nomignolo era stato lo stesso Galeazzi in una intervista del 2019 alla Gazzetta dello Sport.

Sentito da Roberto Pelucchi, Galeazzi spiegò infatti perché quel soprannome lo accompagnava ormai da decenni. “Era il 1970, un giorno doveva andare a giocare un doppio di tennis con Renato Venturini, che lavorava alla radio. Andai a prenderlo nella sede di via del Babuino e mi presentò ai colleghi dello sport. Ero alto e massiccio, così Gilberto Evangelisti (il giornalista che di fatto lo fece assumere in Rai, nda) se né usci con la frase: Renà, ma chi è sto Bisteccone?”.

Fu in quell’occasione, raccontava ancora Galeazzi, che trovò lavoro nella tv pubblica: “Venturini raccontò che ero stato campione di canottaggio, così quelli della radio mi chiesero di portare i risultati delle gare e piano piano mi inserirono in redazione”.

Un lavoro massacrante: “Lavoravo dalle 8 del mattino alle 8 di sera, portavo il cappuccino a Ciotti, leggevo i risultati della C la domenica. Insomma, feci la gavetta, al fianco di maestri come Guglielmo Moretti, il mio santo protettore, Enrico Ameri, lo stesso Ciotti, Rino Icardi, Claudio Ferretti”, raccontava Galeazzi.

Redazione

Autore