Giustizia
Pm superpoliziotto, Costa: “Le indagini prendono il posto della sentenza, il pm prende il posto del giudice che si finge morto”

Enrico Costa, avvocato e deputato di Forza Italia, ha applaudito l’intervento del ministro Nordio che punta a riequilibrare lo strapotere giudiziario e stigmatizza le minacce delle Procure, pronte a scioperare pur di scardinare le riforme di cui il sistema giudiziario ha invece bisogno. «Mi è piaciuto molto. E le dirò che avevo anticipato le parole del ministro Nordio… »
In quale occasione?
«In un intervento in aula dove ho evidenziato il tema del capovolgimento del procedimento penale, che dovrebbe terminare con una sentenza definitiva pronunciata da un giudice e invece vede una contestazione da parte della Procura che finisce per diventare la vera sentenza ‘pubblica’. Le indagini prendono il posto della sentenza. E il Pm prende il posto del giudice, nel pronunciarla. E quindi ho parlato per primo di strapotere dei Pm, che sta svolgendo tutti i compiti, da quello di Polizia giudiziaria che fa le indagini fino al ruolo giudicante. Il giudice durante le indagini preliminari – sia esso il Gip o il Gup – è un soggetto affetto da tanatosi».
È una malattia grave?
«No, è la particolare forma di autodifesa che adotta qualche animale: quando si sente in pericolo, si finge morto. Per non essere aggredito dal Pubblico ministero, che lo accuserebbe di interferire con le indagini, di tutelare i criminali, il giudice si finge morto. E accetta sempre passivamente tutte le richieste del Pm: proroga delle indagini, proroga delle intercettazioni, richieste di misure cautelari sono sempre controfirmate automaticamente dal giudice. Senza mai sollevare un dubbio. Diventando così del tutto superflui, nel procedimento reale: decide tutto il Pm, al netto delle formalità».
Alla stazione dei Pm i treni non si fermano mai…
«No, perché rilevare un eccesso, mostrare un dubbio viene subito visto come un problema dagli inquirenti. Ho visto pochissimi casi di diniego di misure cautelari: in ciascuno di questi c’è stata la levata di scudi delle Procure che hanno gridato all’attentato alla giustizia».
Il recupero della figura del giudice lo abbiamo nel processo: già in primo grado c’è oltre il 50% di assoluzioni, in Italia.
«Sì, però è evidente che la fase delle indagini preliminari getta addosso agli indagati un fango dal quale poi è difficile liberarsi del tutto. Perché durante le indagini il Pm ha una tale forza mediatica che esercita quello che si chiama marketing giudiziario. Si vende all’esterno la sua indagine proprio per schiacciare la figura del giudice e renderlo passivo di fronte all’impostazione accusatoria: dà il nome alle inchieste, fa le conferenze stampa, fanno in modo che ci sia un trailer sui telegiornali… tutte cose che con il rispetto dello stato di diritto e il principio della presunzione di innocenza non hanno niente a che vedere».
Come si recupera la forza del giudice terzo ed imparziale?
«Non è facile. E si dovrebbe poter contare anche sul recupero della difesa, perché con il ruolo così debole per gli avvocati – che non possono replicare con la stessa forza mediatica alle conferenze stampa delle Procure – c’è un vulnus enorme. Questa è la ragione che ci porta a intervenire per una applicazione reale dell’articolo 111 della Costituzione, che dice che ci vuole un giudice terzo e che i due soggetti dell’accusa e della difesa devono essere messi sullo stesso piano».
L’informativa di Nordio ha toccato tutti i punti della riforma. Separazione carriere ma anche investimenti, piano di assunzioni che consenta alla magistratura di funzionare…
«Ci sono stati, nel corso del tempo, sempre maggiori investimenti sulla giustizia. Ma il punto è la credibilità. Perché oggi il pianeta giustizia manca di credibilità. Guardiamo ai numeri: troppi casi di errori giudiziari, tantissime sentenze ribaltate, verdetti capovolti. Tantissimi. Poi però leggiamo che le valutazioni di merito dei magistrati sono positive al 99,6%. E allora un problema c’è, ed è serio. La responsabilità disciplinare determina il 95% di archiviazioni dal Procuratore generale presso la Cassazione. Ci sono circa duemila segnalazioni disciplinari all’anno, non sono poche. Perché poi non se ne fa mai niente? E il danno erariale delle condanne sbagliate, delle ingiuste detenzioni, perché non lo paga mai nessuno?»
Non esiste, dal 2010, la responsabilità civile dei magistrati?
«Dal 2010 al 2023 ci sono state dodici condanne nella storia giudiziaria italiana. Meno di una all’anno, a fronte di oltre mille detenuti per errore ogni anno. 193 milioni spesi dal Tesoro per risarcire quegli errori, zero casi di condanna. Di cosa parliamo?»
Il programma delle riforme Nordio si farà? E quando?
«Tutto il pacchetto delle riforme è stato voluto in chiave garantista e va nella direzione giusta. Speriamo solo che la prescrizione, di cui è stata approvata la riforma un anno fa alla Camera, approdi presto al Senato. Perché ricordo sommessamente che in questo momento in Italia è in vigore la riforma Bonafede: quella del fine processo, mai. Ci sono poi profili, come il tema del panpenalismo, che vanno analizzati meglio. Non si può pensare di risolvere i problemi penalizzando tutto».
Peccato che la maggioranza resti contraria anche ad amnistia e indulto…
«I numeri parlamentari per l’amnistia non ci sono, e invece ci sono e sono chiarissimi quelli del sovraffollamento carcerario. C’è una Costituzione che prevede la certezza della pena, sì, ma non la certezza della galera e le condizioni inumane in cui questa viene oggi vissuta».
Pietro Vignali, protagonista anni fa di una indecente campagna mediatico-giudiziaria risoltasi nel nulla da cui era partita, è entrato nella segreteria di Forza Italia. Un segnale importante da parte di Tajani.
«Un segnale a suo modo importante: Forza Italia conferma – semmai ce ne fosse bisogno – che chi esce dal tritacarne può e deve ambire a recuperare il ruolo che l’aggressione giudiziaria gli ha tolto. In Italia purtroppo non funziona mai così, chi esce dal processo lo fa con le ossa rotte e ci mette una vita intera, per provare a recuperare».
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