Si conoscevano da circa un mese, da quando le tensioni tra Ucraina e Russia sono salite fino alla dichiarazione di invasione – per “smilitarizzare” e “denazificare” il Paese – annunciata dal Presidente Vladimir Putin. Sol Macaluso, giornalista argentina, ha seguito da Kiev tutta l’escalation, il fallimento della diplomazia, gli allarmi dell’Occidente e degli Stati Uniti, le rassicurazioni del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, la prova di forza di Mosca . E da un mese era accompagnata dalla stessa guida, Max: quel fixer che le ha chiesto di portare via con sé sua figlia, di prendersi cura di lei.

L’uomo che aveva fatto da guida alla giornalista dell’emittente Mediaset ha chiesto a Macaluso di portare via con sé la figlia quando avrebbe lasciato il Paese. La reporter ha raccontato alla trasmissione El programa de Ana Rosa la vicenda, in diretta televisiva. “Credo che nessuno è preparato – ha raccontato la giornalista – Queste persone le conosco da più di un mese. Abbiamo condiviso tutti questi giorni, tutte le notizie. È molto forte che debbano lasciare le loro famiglie per difendere il loro paese. È triste che vengano a chiederti: per favore, prendi mia figlia, prenditi cura di lei, non farle mancare niente. Non ci sono parole”.

Nonostante alla domanda dallo studio Macaluso avesse risposto che “certo”, si sarebbe presa cura della figlia – “È parte della mia famiglia ormai. È mia sorella” – la giornalista ha deciso, con il suo cameraman, alla fine di restare in Ucraina per continuare a seguire il conflitto. E quindi la figlia del fixer andrà in Spagna con un altro membro dell’equipe. “La figlia di Max la porterà con sé una piccola grande gigante della nostra squadra che sta tornando in Spagna, sarà ben curata. Come vi ho detto, siamo una grande famiglia in questo gruppo di lavoro e lei andrà con lei. Starà bene e si spera che possa ricongiungersi presto con la sua famiglia, nel suo paese o in un luogo sicuro per tutti”.

Sol Macaluso – 181mila follower su Instagram – ha chiarito su Twitter di non voler prendere tutti i meriti di questa storia, che “la reazione che ho avuto io alla richiesta di Max di prendere sua figlia l’ha avuta anche tutta la mia bella squadra di lavoro, e Martina è andata alla fine con lei a varcare il confine per arrivare in Spagna”. La vicenda è una delle tante che arrivano in queste ore da un paese in guerra. Non si ferma intanto la guerra: Kharkiv, seconda città del Paese, è sotto i bombardamenti; avanza un convoglio di 60 chilometri di forze russe verso la capitale Kiev; morti anche tra i civili. Secondo l’ufficio dell’Onu per i diritti umani, sono “almeno 136” le vittime civili di cui 13 bambini.

I bombardamenti non hanno risparmiato i più piccoli. In tantissimi stanno lasciando il Paese – circa 500mila persone secondo l’Onu – con le famiglie, in fuga dalla guerra. Alcuni impiegati nella realizzazione delle molotov. E anche dalla Russia, a partire per il fronte, spesso soldati, neanche professionisti ma di leva, informati inizialmente di un’esercitazione in Bielorussia e invece sul fronte in Ucraina.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.