La mia amica Elisabetta Alberti Casellati ha spiegato in Senato che il succedersi di 68 governi avrebbe alimentato il grande debito pubblico e di qui l’esigenza del suo disegno costituzionale del cosiddetto “premierato”. Quando la posta in gioco è la democrazia politica per la quale moltissimi hanno perso la vita, l’amicizia non può far velo alle critiche ed alla indignazione. E noi siamo indignati! Le molte crisi dei governi nella prima repubblica erano sempre legate ai partiti laici ed in particolare ai socialisti con le loro molteplici divisioni ma la stabilità politica era garantita dalla permanente presenza della democrazia cristiana. Quando però, il PSI ebbe una guida stabile con Bettino Craxi in dieci anni (gli anni ottanta) i governi sono stati solo quattro (Craxi, Goria, de Mita e Andreotti).

La seconda repubblica nei suoi primi dieci anni ne ha avuti sei (Berlusconi, Dini, Prodi, d’Alema, Amato e di nuovo Berlusconi) grazie ad un sistema maggioritario e ad una legge elettorale che ha privato il cittadino di scegliere i deputati e i senatori abolendo le preferenze. Ma c’è di più. I governi in questi 28 anni sono stati sedici e addirittura le maggioranze politiche sono cambiate per ben sette volte creando permanente incertezze che la presidente Casellati dovrebbe ben ricordare essendo stata una protagonista di questi ultimi decenni. Lungo questa quasi trentennale galoppata verso l’attuale degrado politico la soluzione della riforma Casellati è di togliere la libertà al parlamento della repubblica grazie a quel cordone ombelicale previsto e che si chiama premio di maggioranza per cui se il premier eletto direttamente dovesse essere sfiduciato, dopo un tentativo con un parlamentare dello stesso raggruppamento, il parlamento verrebbe sciolto andando subito alle elezioni.

E menomale che la mia amica Casellati ha fatto per anni il presidente del Senato! In nessuna democrazia al mondo vige questo connubio incestuoso (elezione diretta del premier e premio di maggioranza). La Casellati dovrebbe ricordare che il cuore pulsante di ogni democrazia in ogni stagione è il parlamento. Lo dovrebbe ricordare anche alla presidente del Consiglio che in Tv ha detto che questo folle disegno costituzionale avrebbe impedito le “manovre di palazzo” dimenticando che quel palazzo così disprezzato è il parlamento della Repubblica, sede della sovranità popolare e della sua rappresentanza. Togliere al “palazzo” la libertà di formare o sfiduciare il governo è il primo passo verso un sistema autoritario e chi lo fa prima o poi toglie la libertà anche al paese. La presidente Casellati non sapendo forse come difendere la sua riforma ha tentato di buttare il dibattito sull’economia dicendo che le 68 crisi di governo hanno alimentato il debito pubblico. Non conosco le sue fonti alle quali, però, la presidente Casellati dovrebbe ricordare che un governo in crisi non può spendere nulla se non per mantenere lo “status quo” dei servizi che lo Stato offre ai suoi cittadini perché è obbligato a garantire solo l’ordinaria amministrazione.

L’esatto contrario che i suoi consiglieri le hanno suggerito. Superficialità e autoritarismo sono una miscela pericolosissima e colpisce che questa proposta venga da una parlamentare che dice di essere iscritta al partito popolare europeo, da sempre difensore delle libertà dei parlamenti. L’indignazione del paese cresce, e chi come noi e come tanti altri vengono dai partiti veri, quelli con chiari riferimenti culturali, non possono che opporsi con tutte le proprie forze al tentativo di togliere al paese un parlamento di donne e uomini liberi nella speranza che i proponenti si rendano conto di cosa stanno tentando di fare alla nostra democrazia politica da tempo offesa e vilipesa dal degrado personalistico dell’intero sistema politico.