In risposta agli attentati islamici di venerdì sera a Mosca in cui 137 cittadini russi sono stati assassinati, Vladimir Putin ha fatto lanciare missili ipersonici contro la capitale dell’odiata Ucraina e contro Odessa, irriconoscibile per devastazioni e incendi. La strage di Mosca è stata subito rivendicata dall’Isis-K (la sezione dell’Isis residente in Tajikistan) con video originali che mostrano gli attentatori in azione. Putin ha immediatamente detto che si doveva seguire la pista ucraina (benché nessun indizio fornisse una tale indicazione). Che gli ucraini dovessero essere inclusi nel retroscena dell’attentato è apparso chiaro fin dalle prime dichiarazioni secondo cui i terroristi in fuga erano diretti verso l’Ucraina. In realtà la strada che percorrevano porta sia al fronte ucraino, che in Bielorussia.

La propaganda dei media pro-Putin

Anche nei talk show italiani il partito filorusso appariva agitatissimo e schierato nell’attribuire agli ucraini la responsabilità della strage. Si deve atto al Professor Orsini di aver preso nettamente le distanze dall’idea di accusare gli ucraini di essere dietro la strage di Mosca. Ma il resto del fronte sembrava in festa per la splendida opportunità e Travaglio trovava ridicola la pretesa degli americani di essere credibili se avvertono con giorni d’anticipo Putin dell’imminente attacco. Si è formato anzi un vero fronte politico d’opinione che si raccoglie intorno a Michele Santoro che ha presentato una lista “pacifista” per le europee composta di pacifisti che additano alla vergogna chiunque pretenda di opporsi alle imprese militari di Putin in Europa. Quelle di Putin sono state le prime invasioni armate dalla fine della Seconda guerra mondiale, a meno che non si considerino zuffe familiari le invasioni russe della Repubblica Democratica tedesca, dell’Ungheria nel 1956, della Cecoslovacchia nel 1968 oltre le continue minacce alla Polonia che nel 1980 costrinsero quel Paese a un auto-colpo di Stato, grazie al generale Jaruzelski.

Le invasioni russe degli ultimi decenni

Seguirono poi le invasioni russe in Afghanistan e, con Putin, una guerra sanguinosa contro i ceceni e poi in Siria dove centinaia di migliaia di arabi che volevano cacciare il dittatore Assad, morirono falciati dai reparti speciali russi. Nessun segno di pacifismo all’epoca. Poi venne nel 2008 l’invasione della Georgia con la cattura illegale di Ossezia e Abkazia, la prima invasione dell’Ucraina per prendere la Crimea e subito dopo, usando truppe senza mostrine, il Donbass introducendo pezzi d’artiglieria per far sollevare i russofoni contro Kyiv, come certificarono le Nazioni Unite in un dettagliato rapporto, e infine la tanto decantata Operazione militare speciale che rischia di degenerare in guerra mondiale. Michele Santoro ha varato per le europee il suo “Pace, terra e dignità” in cui ospita la crema dell’antiamericanismo filorusso, ispirandosi alla memoria di Silvio Berlusconi che condannava la politica di aiuti all’Ucraina.

Il ritorno degli imperi

Putin già all’inizio di questo mese di marzo aveva accusato diplomazia e servizi americani che lo avevano avvertito di una possibile strage islamica, di essere dei “provocatori”. Anche il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva chiesto agli italiani presenti a Mosca di stare alla larga dai posti affollati come i concerti. Né le parole del presidente Putin né dei suoi collaboratori sono stati in grado di indicare qualsiasi relazione fra la strage islamica rivendicata dall’Isis con la guerra di aggressione e invasione dell’Ucraina. E che risponde invece ad un gioco crudele e cui il mondo non era abituato dal 1914 con l’attentato di Sarajevo che aprì le danze della Grande guerra.

C’è qualcosa di nuovo, anzi di antico, nella geopolitica ed è il ritorno degli imperi. E ogni giorno si rafforza l’impressione che la politica della sterminata Federazione Russa che va dal confine polacco al Giappone, sia una politica semplicemente imperiale, e come tale rivendicata da Putin che rivendica per la Russia e “per diritto storico” (non internazionale), le terre, le nazioni, i popoli che hanno fatto parte nel corso dei secoli dell’Impero dei Romanov, poi dell’Unione Sovietica e che ora lui, il nuovo Zar, intende rimettere insieme per riparare al più tragico errore del ventesimo secolo, sue parole. Oggi lo riconoscono e lo spiegano anche giornalisti come Ezio Mauro che è stato per anni a Mosca per Repubblica e Giuliano Ferrara creatore del Foglio e che ha conosciuto bene la Russia sovietica. Quella Russia aveva ieri come oggi più o meno la stessa postura imperiale dei tempi dei Romanov. Come Presidente di una Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle infiltrazioni sovietiche in Italia, io stesso ho potuto sperimentare la gelida furia del Presidente Putin, perché considerava una blasfemia che un’inchiesta straniera ficcasse il naso sul passato russo, comunque si chiamasse la Russia. La stessa Guerra Fredda, malgrado la pretesa di rappresentare due ideologie, è stata descritta come una forma mascherata di imperialismo russo nota fin dal “lungo telegramma” di George Kennan del 1946 scritto dopo aver ascoltato il discorso di Stalin al Teatro Bolscioi di Mosca. Oggi Mosca è in guerra, dunque ogni evento accade nella prospettiva dell’impero che colpisce ancora.
Non era ancora stato domato l’incendio e già Putin collegava la strage compiuta dall’Isis-K, con il presidente Zelensky. E ha fatto bombardare Kyiv e Odessa con missili ipersonici come “risposta” a una strage rivendicata dall’Isis che sembra la fotocopia di quella al teatro Bataclan di Parigi.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.