Il ciclo mestruale è un argomento tabù da sempre. Nel Medioevo la donna era impura perché sanguinava, poi è diventato l’argomento che crea imbarazzo in ufficio nel 2019, passando per pubblicità di donne che si gettano dal paracadute o fanno la ruota o si arrampicano su muri impervi. Certo è che attraverso i millenni il ciclo mestruale alle donne verrà sempre, più o meno precisamente, una volta al mese “arriva il Marchese”, dicevano le nonne. E per fortuna, perché è proprio questo a garantire la proliferazione della specie. Ma quanto costa a una donna un ciclo? In media un pacco di assorbenti costa 4,58 euro a pacco. Se in media se ne consumano 2, ogni mese una donna spende 5,70 euro, che in un anno sono circa 70 euro. Dal conteggio si escludono altre spese vive di farmaci, tisane e vecchi rimedi per sopperire al dolore.

Ogni uomo ha per forza di cose una madre, ma potrebbe avere anche sorelle, mogli e figlie. Se in una famiglia ci sono, oltre a un marito, una moglie e due figlie, la spesa si triplica, raggiungendo i 210 euro a famiglia. Contando che in Italia le donne in età fertile tra 12 e 50 anni sono poco meno di 14 milioni, ciò vuol dire che in Italia il ciclo costa ogni anno 1.680.000.000. Un cifra che non può in nessun modo essere evitata, ripiegata, convertita. La proposta nel decreto fiscale, ancora sotto i ferri del Parlamento, è di far scendere l’Iva su assorbenti e tamponi dal 22 al 10 per cento. Si tratta una copertura di 97 milioni di euro, su un bene evidentemente di prima necessità per una cospicua parte della popolazione italiana.

Se poi si aggiungessero all’abbassamento di Iva anche i pannolini, servirebbero altri 186 milioni per i bebè tra 0 e 3 anni – circa 1,9 milioni secondo gli ultimi dati Istat – e una spesa media di 1.000 euro all’anno. In totale, 283 milioni: meno della metà di quanto stanziato per la famiglia nel 2020.La proposta, che vede tra le prime firmatarie Laura Boldrini, insieme ad altre 31 deputate bipartisan, è stata bocciata perché “l’emendamento all’articolo 45 non presenta coperture“.

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Nonostante la direttiva europea numero 112 del 2006 consenta di scendere sino al 5%, in Italia la Tampon tax resiste. Con un paradosso: assorbenti con Iva al 22% al pari di sigarette, birra e vino, ma tartufo al 10%, rasoio al 4% come pane e latte, beni primari. Basterebbe chiedere a qualsiasi donna quanto le è indispensabile il tartufo per comprendere al meglio. Come spesso accade l’Italia ci arriva tardi, se ci arriva. In Europa è tra gli ultimi 6 Paesi con Iva sopra al 21% sui prodotti per donne. Già in 13 sono sotto al 10%, altri 8 viaggiano tra 10 e 21%. Si va dall’Irlanda a tasse zero, fino al 27% dell’Ungheria, passando per Spagna al 10%, Francia al 5,5%, Germania al 19%.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.