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Queer di Luca Guadagnino arriva a Venezia. Una miscela americana di enigmatiche sensazioni
Il 3 settembre verrà presentato alla Mostra internazionale del Cinema di Venezia il nuovo film di Luca Guadagnino, in corsa per il Leone d’Oro: “Queer”, da un romanzo di William S. Burroughs, il famoso scrittore americano che va considerato come un’espressione imprescindibile della Beat Generation (fu Jack Kerouac a consigliargli questo titolo, “Queer”). Burroughs è autore assolutamente personale, fascinoso, a tratti volutamente “incomprensibile”; ma d’altronde non è forse incomprensibile l’esistenza?
In “Queer”, come sempre in Burroughs, non c’è una vera e propria trama: diremmo piuttosto dei lampi di vitalità, una “cucitura” di pezze colorate comunque “forte”. La storia è incentrata sulla relazione omosessuale tra Lee (interpretato da Daniel Craig), alter ego di Burroughs, ed Eugene Allerton, «indifferente come un animale». Nella prima parte del libro Lee è un tossico in astinenza. È molto attratto da Allerton, però in lui non cerca un vero e proprio contatto; Allerton è piuttosto il pubblico delle sue esibizioni. Lee ha già scelto la scrittura come sua nuova forma di vita e Allerton è lo spettatore privilegiato dei suoi “numeri”. Intorno a questi due protagonisti ritroviamo un’umanità sordida che popola Città del Messico e Panama.
Raccontato così, questo secondo romanzo di Burroughs (iniziato nel lontano 1953 ma pubblicato solo nel 1985, da noi edito da Adelphi), è una grande pagina “nera” sulla quale si può scrivere, o montare, appiccicare, qualsiasi cosa. E sarà interessante vedere come Guadagnino riuscirà a vincere la sfida portando sullo schermo una miscela americana tutta d’atmosfere, e di enigmatiche sensazioni.
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