Una passeggiata nella storia/2
Quello che Greta Thunberg non vuole farvi sapere: la terra era calda, col freddo arrivò la peste
Nel precedente articolo ho ricordato ciò che è scritto su tutti i libri di storia ma che si finge non sia mai accaduto: per mezzo millennio, fra Carlo Magno e Dante il pianeta terra si riscaldò molto di più di quanto sia bollente oggi e prosperò in uno dei periodi più fecondi e di maggior progresso. Questa storia è interessante sia perché ci riguarda da un punto di vista cronologico, sia perché è anche la storia di una verità coperta. Se si fa credere oggi che il buon pianeta terra si sia arroventato per colpa dei bipedi umani che soffiano anidride carbonica come neanche i vulcani sanno fare e che per colpa loro stiamo andando incontro la più grande catastrofe della storia planetaria, si deve omettere per forza l’approfondimento su ciò che con pudore viene chiamata l’ “anomalia del medioevo”, una curiosa bizzarria di cui sarebbe meglio non parlare altrimenti Greta si arrabbierebbe.
La bizzarria non era affatto tale visto che è soltanto quella più recente e non risale ai tempi dei dinosauri ma dell’Europa più o meno come la conosciamo oggi. Ho già ricordato che la Groenlandia era la Green Land ovvero la terra verde coperta dalle foreste con cui si costruivano le navi vichinghe dirette in Canada e che tutti i suoi abitanti cristiani erano crepati di freddo, ancora visibile attraverso le lastre di ghiaccio di quella terra. Ma se aprite i giornali scoprirete che spurgano urla di dolore perché, orrore degli orrori, in Groenlandia si stanno scongelando i ghiacciai. Non si scongelano soltanto i ghiacciai della Groenlandia ma anche quelli del circolo polare, tant’è che tutte le nazioni interessate ai minerali si sono catapultate sui mari che erano coperti di ghiaccio e si minacciano fra loro con navi armate e diplomazie minacciose. Ma la cosa forse più interessante e istruttiva per noi non è che cosa accadde durante il mezzo millennio di caldo quasi tropicale, ma ciò che successe quando il caldo finì. Le masse dei poveri a quell’epoca si nutrivano soltanto di pane, o comunque cibo fatto con dei cereali che non erano esattamente come i nostri che si potevano coltivare durante il caldo quasi ovunque sfamando milioni di persone. Poi arrivò una prima estate con piogge e grandine anche a giugno e a luglio, mentre ad agosto sembrava già Natale. E allora accadde che i grani non maturarono e marcirono e le strade si riempirono di morti perché a quell’epoca si moriva di fame per strada.
Nell’indifferenza generale, il freddo portò la peste e la peste distrusse quasi un terzo dell’umanità arrivando per nave a Messina coi corpi dei marinai, dei topi e delle pulci e provocando delle reazioni spropositate di cui non abbiamo memoria diretta. Si può leggere il famoso saggio di René Girard Il capro espiatorio per avere un’idea delle reazioni di allora per farne un modesto paragone con le reazioni di oggi. Gli esseri umani sono sempre stati abituati a cercare chi perseguitare come responsabile di ciò che accade. infastidendolo e anche uccidendolo. In genere a fare da capro espiatorio bastavano gli ebrei che erano stati accusati anche in quella occasione di avere avvelenato fiumi e pozzi e pagarono questo inesistente delitto con soppressioni di massa e omicidi rituali, nel consenso pressoché unanime di tutti i persecutori e senza che questi eventi lasciassero alcuna traccia etica nella storia ma soltanto dei verbali di tribunale tuttora esistenti, rintracciabili e leggibili. La peste provocò un rilancio della caccia alle streghe e nei processi in cui le donne venivano condannate ad ardere vive in mezzo alla piazza nessuno dubitava, neppure le condannate pienamente confessa, dell’esistenza della stregoneria, dei sabba col demonio con cui le imputate confessavano di avere sempre avuto rapporti carnali benché in una dimensione da sogno, e tutti trovavano ciò perfettamente normale.
La normalità del male era granitica, senza scalfiture né dubbi. Cosa che a noi oggi riesce difficile da comprendere ma soltanto perché abbiamo rivisto qualcosa di simile con la shoah, un evento in cui sei milioni di ebrei sono stati liquidati perché si erano accoppiati sia col demonio del capitalismo che con quello della rivoluzione sovietica, e comunque qualcuno doveva pur pagare per la incomprensibile sconfitta della Germania alla fine della Prima guerra mondiale, quando i tedeschi stavano vincendo e di colpo furono costretti ad arrendersi. La politica i politici non hanno tempo da perdere per leggere libri e studiare la storia. E questo è grave. Ma ciò che accade oggi col Covid e con le furiose consorterie che si creano, le leggende torbide, gli auguri di morte, le maledizioni e le urla, l’uragano di insulti e di escrementi che passa attraverso internet e i social, sono la dimostrazione evidente ed eloquente del fatto che l’essere umano contiene al proprio interno non soltanto un vago orientamento sul bene e il male ma anche una scatola nerissima che lo porta ad agire nelle direzioni che noi consideriamo irrazionali o come si dice ormai frequentemente di pancia, per cui far prevalere il buon senso scientifico, la logica, la statistica, la realtà nel suo complesso, è praticamente impossibile.
Ciò che prevale è ormai la narrazione, traduzione dall’inglese the narrative, che vuol dire appunto la prevalenza del racconto fantastico sul resoconto autentico di come stanno le cose. Il Trecento, inteso come l’enigmatico quattordicesimo secolo, fu spaccato fra il pensiero dantesco che si occupava delle donne che hanno intelletto d’amore, e quello del Boccaccio cronista della peste. Ma non ci fu soltanto la peste. Ci furono stragi reattive ovunque, una depressione crescente e una serie di riti che sostanzialmente miravano tutti alla caccia del colpevole, il quale non era colpevole di nulla e per questo veniva chiamato il capro espiatorio, la vittima sacrificale che paga per la collettività e che con il suo sangue, ecce “agnus dei qui tollis peccata mundi”, riscatta dal male e apre le porte del paradiso ovvero quelle della vita.
Passate le ondate di peste il mondo si raffreddò raggiungendo le soglie di una piccola glaciazione che spazzò via ogni germoglio di cereale sui terrazzamenti le, le colline, le montagne. Terminata la peste, constatate le perdite, guardato il termometro che ancora non esisteva ma si riconosceva nella ridottissima produzione dei frutti, i superstiti si riorganizzarono, fecero tesoro del fatto che la strage aveva lasciato ai superstiti molto posto e molte risorse, e il mondo ripartì.
Fine seconda parte
(Continua)
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