Piero Sansonetti, direttore de Il Riformista, commenta le polemiche sulla nomina del nuovo capo del Dap e dello scandalo che questa ha suscitato nei partiti reazionari in parlamento.

Bisogna nominare il nuovo capo del Dap, cioè del dipartimento delle carceri. La persona che le deve amministrare in Italia, a occuparsi di come funzionano, a occuparsi che la legge sia rispettata, a occuparsi del sovraffollamento. Di tutto. È il capo. Il vecchio è andato in pensione e il ministro Cartabia ha in mente un nome: un giudice di sorveglianza che si chiama Carlo Renoldi. Dicono tutti che sia un giudice molto molto bravo che conosce molto bene le prigioni perché ha fatto il giudice di sorveglianza quindi è stato a contatto con le questioni carcerarie. Generalmente scelgono dei pubblici ministeri che non sanno nulla di carceri, ovviamente.

Loro mandano la gente in prigione, ma non è che amministrano le prigioni. Questa volta invece è stata fatta la scelta di un giudice di sorveglianza, poi l’ideale sarebbe che non sia un magistrato. Non sta scritto da nessuna parte che lo debba essere. La Cartabia ha scelto un magistrato ancora una volta, però dicono tutti molto bravo, molto serio, che conosce bene la Costituzione e la rispetta. È contro il carcere duro, contro alle esecuzioni di pena eccessivamente severe, sta molto attento sul 41bis, sugli isolamenti. Ha l’idea che la prigione debba essere un luogo di rieducazione e non di tortura, anche perché, appunto, ha letto la Costituzione il giudice Renoldi.

Voi sapete che nel parlamento italiano esistono parecchi partiti reazionari, questo li ha scandalizzati. In particolare il partito della Lega e il partito di Travaglio. Insomma, come si chiama, i cinquestelle diciamo. Travaglio ha suonato la tromba per primo, ha scritto sul Fatto Quotidiano: “Guardate che stanno per fare capo del Dap un magistrato che vorrebbe applicare la Costituzione. Siamo impazziti? Sono prigioni o no? – dice Travaglio – Le prigioni chi le deve dirigere? Da che mondo è mondo un aguzzino, non certo un liberale”.

La cosa ha generato molti consensi. Ieri a seguito dello squillo di tromba del loro capo tutti i parlamentari cinquestelle si sono precipitati a dichiarare: “No, no! Renoldi mai! Non possiamo pensare che un liberale vada a dirigere le prigioni, sarebbe a fine dell’ordine pubblico in Italia”, e ora è arrivata anche la Lega e addirittura una dichiarazione l’ha fatta un avvocato molto importante come Giulia Bongiorno che ha detto: “Noi siamo garantisti fino a un certo punto, poi quando si va in prigione si va in prigione. Vanno stangati!”.

L’Italia è cosi, purtroppo. La battaglia non solo garantista, la battaglia liberale, la battaglia per la difesa della Costituzione è una cosa complicatissima. Una parte consistente, forse maggioritaria delle forze politiche, intellettuali, della magistratura, in Italia sono forze fortissimamente reazionarie. Precedenti all’illuminismo. Perché ritengono che bisogna soprattutto punire, che le carceri siano un luogo da affidare agli aguzzini e che la Costituzione sia stato un clamoroso errore da correggere.

Redazione

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