Voglio dare per scontata l’apertura ufficiale della crisi, ragionare come se essa fosse già stata dichiarata, cosa che probabilmente è nel frattempo avvenuto, solo per provare a rispondere a tutto il coro degli sdegnati che proclamano l’irresponsabilità, e quasi l’infamia politica, di chi apre la crisi di governo in tempi calamitosi come quelli che viviamo.

Penso proprio l’opposto: le crisi politiche si possono aprire quando, in tempi calamitosi, c’è al governo un gruppo di incapaci a governarli. Quando, soprattutto, il responsabile politico di tutto, il Presidente del Consiglio, appare del tutto inadeguato a impostare le risposte giuste ai problemi che si affollano da ogni dove, dalla sanità alla spesa pubblica, ai progetti decisivi per il futuro. È allora che si è del tutti legittimati ad aprire la crisi, come mostra la storia, per eventi e personaggi certo fuori misura se confrontati alla situazione di oggi. Cadorna fu sostituito nel pieno della guerra, e Diaz fu il generale della vittoria; il grandissimo Churchill sostituì l’imbelle Chamberlain quando i tedeschi erano alla vigilia di un possibile sbarco in Inghilterra, e si discuteva di armistizio con Hitler, e fu lui a guidare la nazione alla vittoria. Si dirà: fai esempi fuori misura, e non ci sarebbe bisogno di notarlo. Se vogliamo esempi più adeguati e meno impegnativi, si può ricordare l’azione decisiva di Giorgio Napolitano quando, in piena crisi finanziaria, praticamente decise la formazione del governo di Mario Monti che, si sappia o no, salvò l’Italia.

Il paradosso è che il problema, almeno per un suo lato, nasce da un clamoroso errore di Matteo Renzi, proprio del protagonista principale di questi giorni. Non mi riferisco affatto alla sua proposta di un governo del Pd con i 5 Stelle realizzato nel 2019: questa scelta, nelle circostanze date, ci poteva anche stare; ma al mantenimento dell’avvocato del popolo Giuseppe Conte alla guida della nuova maggioranza, cosa che ha introdotto un principio del tutto inedito nelle democrazie moderne: un presidente del consiglio che, senza batter ciglio, dirige due maggioranze opposte e fino ad allora in guerra tra loro. Una cosa, questa sì, già gravida delle insufficienze clamorose e delle complete inadeguatezze, culturali prima che politiche, di chi si è lasciato nominare in una situazione così anomala. Una vera indecenza, sia la nomina sia la sua accettazione. La politica ridotta nel pantano del puro potere.

Chi sa, forse anche perché memore di questo errore, Renzi si è mosso. E fa benissimo a farlo, si tratta di mettere in salvo l’Italia. Con alla guida una personalità di alto rango e un governo largamente da rifare, con un intervento attivo della Presidenza della Repubblica, oggi troppo taciturna. È in gioco, ripeto, la salvezza dell’Italia da chi, non avendo nessuna idea della nazione che dirige, riscrive in una settimana quel coacervo di banalità che era il Recovery fund, per provare, senza riuscirci, a rispondere alle proposte di Italia Viva; da chi, in modo inquietante, mantiene la delega ai servizi di sicurezza e sostanzialmente dichiara di esser pronto a governare con qualsiasi aiuto, pur di restare inchiodato a quella sedia; da chi mostra disprezzo per il parlamento, praticamente chiuso; da chi affabula comunicazioni su comunicazioni a reti unificate, ognuna diversa dall’altra, nel caotico e fallimentare governo della pandemia; da chi guida una squadra insufficiente, senza una politica estera, senza una visione economica e sociale dello sviluppo italiano.

Infine, con sguardo più lungo: ma si può per davvero immaginare che sia questo Parlamento a eleggere il Presidente della Repubblica il prossimo anno? A me, e a tanti, pare pura follia politica, dalle gravissime conseguenze. Dunque, oggi governo di scopo, come si dice, e poi al voto!