«Marco Pannella definiva lo Stato un delinquente professionale e credo che non si sbagliasse»: parola di Rita Bernardini, ieri a Napoli per il convegno sulla salute mentale nei luoghi di privazione della libertà personale organizzato dal garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello. Il dibattito ha offerto alla leader radicale l’occasione per tornare sui pestaggi ai danni dei reclusi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere: una vicenda per la quale sono indagate 117 persone, 52 delle quali si sono viste notificare un’ordinanza cautelare pochi giorni fa. È di ieri, invece, la notizia dell’apertura di un’inchiesta sulla diffusione, da parte di alcune testate, dei video che documentano i pestaggi avvenuti il 6 aprile 2020.

«È trascorso più di un anno, ma le persone che hanno subìto violenze da parte della polizia penitenziaria sono ancora a Santa Maria, il che è molto grave – ha sottolineato Bernardini – Non è una scelta saggia del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria». Una critica a Bernardo Petralia, insediatosi al vertice del Dap circa un mese dopo i fatti di Santa Maria: «Ha ricevuto in eredità questa situazione che però era chiara e imponeva un intervento – ha aggiunto Bernardini – Anche perché quella messa in atto a Santa Maria era un’azione pianificata come ce ne sono state in altre carceri». Insomma, il messaggio lanciato dalla leader radicale è forte e chiaro: per come è concepito e amministrato oggi, il carcere non consente ai detenuti di reinserirsi nel tessuto sociale ma è addirittura criminogeno, come dimostrano anche i cellulari e la droga che circolano dietro le sbarre. «Uno Stato che non rispetta le sue leggi non dà un buon esempio a chi dev’essere rieducato – ha concluso Bernardini – La capienza regolamentare non viene rispettata, i parametri degli organici di polizia, educatori e assistenti sociali sono sistematicamente violati. Pannella definiva lo Stato “delinquente professionale” e non si sbagliava».

E proprio sulle condizioni di vita dietro le sbarre, in particolare sulla salute mentale dei reclusi, è intervenuto Samuele Ciambriello. Secondo il garante regionale dei detenuti, in Campania sono circa mille le persone affette da disagi psichici che entrano in prigione. Le carceri dotate di articolazioni psichiatriche sono soltanto cinque, mentre le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) sono soltanto due e hanno una capienza di sole 40 unità. Il risultato è presto detto: «Nella nostra regione ci sono 13 persone che si trovano in cella ma che dovrebbero andare nelle Rems, se in queste ultime ci fosse posto – ha concluso Ciambriello – Sono prigionieri politici. Perciò servono più psicologi, più psichiatri, più operatori. E, soprattutto, occorre lavorare alla pena del carcere per chi vive il disagio psichico. È di questo e di risposte dalla politica che abbiamo bisogno oggi, non di sterili dibattiti ideologici».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.