Nel contesto geopolitico attuale, assistiamo sempre di più a un lento, ma costante e inesorabile risorgere di nazionalismi, irredentismi e aspirazioni imperialistiche da parte di alcune “Grandi” nazioni, mettendo a rischio l’equilibrio mondiale e la stabilità democratica in Europa. Facendo una carrellata, ne scorriamo alcune: la Russia di Putin che tenta di riaffermare la propria influenza nei paesi della ex Unione Sovietica da anni, culminando nell’invasione dell’Ucraina; la Serbia, con il mito storico della “Grande Serbia” sullo sfondo, alimenta da sempre tensioni etniche e nazionalistiche, negli ultimi anni riemerse in modo plastico nella conflittualità con il Kosovo; una rinnovata sintonia tra Austria e Ungheria per coltivare un buon vicinato, che non può non destare qualche perplessità; l’aspirazione di Erdogan a fare della Turchia una potenza regionale, con una visione neo-ottomana, lanciando un tentativo di Opa sul mondo arabo che gli consegni il ruolo strategico di padrone delle moderne colonne d’Ercole: in corrispondenza degli stretti del Bosforo e del Dardanelli, tra Occidente e Oriente, Europa ed Asia; il blitz dell’Azerbaijan nel Nagorno-Karabach che ha regolato i conti definitivamente con gli Armeni, riassoggettando sotto il controllo Azero la regione; la Cina, ritornata a sfidare l’ordine mondiale e che aspira a riunificarsi con Taiwan, forte di un suo rinnovato potere contrattuale grazie al ruolo che può giocare nel conflitto Ucraino; il regime del terrore di Hamas su Israele cela altrui mire panislamiste, fondate sul principio mai affievolito del non riconoscimento del diritto ad esistere di Israele, l’elemento che mantiene uno stallo tra le potenze del Medio Oriente che invece lavorano da anni per una pacificazione; il Venezuela di Maduro che con un referendum si è espresso sull’annessione di una regione, l’Esequiba, appartenente al Guyana, paese ricchissimo, neanche a dirlo, di petrolio, gas e oro.

Aree diverse del mondo, ma un minimo comun denominatore: l’assenza di un vero poliziotto mondiale e l’instabilità dell’ordine internazionale (che ha un’architettura basata su esigenze, pesi e bisogni del secolo scorso), che spingono alcune nazioni, senza giustificazione alcuna sia chiaro, a cercare soluzioni ai problemi attraverso l’espansionismo territoriale e il ricorso alla violenza, per garantirsi risorse e sicurezza. Ciò mette in discussione principi quali l’autodeterminazione dei popoli, il multilateralismo e la cooperazione come chiave per risolvere le sfide globali. Da qui la necessità, comunque, di andare oltre uno spirito autoreferenziale occidentale, avendo l’umiltà di costruire un dialogo per ridisegnare un nuovo ordine mondiale, anche riformando l’Onu se è necessario: un’iniziativa che dovrebbe prendere l’Unione Europea, prima di subirla. Forti dei nostri valori ma per stringere un patto di coesistenza fra Occidente e Oriente, e non essere preda di mercanti come nell’universo Star Wars, senza un vero orizzonte comune nel quale riconoscersi per l’intero, si sarebbe detto qualche tempo fa, villaggio globale.

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Nato nel 1995, vivo a Trieste, laureato in Cooperazione internazionale. Consulente per le relazioni pubbliche e istituzionali, ho una tessera di partito in tasca da 11 anni. Faccio incontrare le persone e accadere le cose, vorrei lasciare il mondo meglio di come l'ho trovato. Appassionato di democrazia e istituzioni, di viaggi, musica indie e Spagna