Mentre con l’ennesimo record giornaliero di contagi la Russia sale al secondo posto dopo gli Usa nella brutta classifica dei Paesi più colpiti dalla pandemia, Vladimir Putin alleggerisce il lockdown. È un riconoscimento della voragine in cui sta precipitando l’economia, e anche un’implicita ammissione dell’inefficacia del sostegno governativo alle aziende. Più in generale, un segnale – subito colto dall’opposizione – della crisi decisionale e organizzativa del regime di fronte al coronavirus.

In un discorso televisivo alla nazione, il presidente ha annunciato che il periodo «non lavorativo» proclamato negli ultimi giorni di marzo per tutti i settori fuorché quelli “essenziali” finisce il 12 maggio senza alcuna proroga, salvo eccezioni nel comparto servizi. Durante il periodo “non lavorativo”, le imprese erano tenute a retribuire i dipendenti, con l’aiuto dello stato. «Vacanze pagate», aveva detto lo stesso Putin. In realtà, i prestiti bancari garantiti a sostegno dei salari si sono rivelati limitati e quasi impossibili da ottenere. Risultato: disoccupati raddoppiati di numero, dall’inizio di aprile a oggi.

«L’epidemia e le conseguenti restrizioni hanno avuto impatti economici fortemente negativi, colpendo milioni di cittadini», ha detto il leader del Cremlino. «È nell’interesse di tutti che l’economia torni alla normalità subito». Secondo Putin, l’alleggerimento del lockdown è possibile perché il sistema sanitario ha aumentato il numero di letti ospedalieri «salvando molte migliaia di vite». La Russia, però, nell’ultima settimana ha visto il maggior numero di nuovi contagi di tutta Europa: oltre diecimila al giorno. L’11 maggio il conto totale era arrivato a 221mila casi. Solo Usa e in Spagna ne hanno di più. Ufficialmente, i deceduti sono circa 2000. Il tasso di mortalità relativamente basso è dovuto a metodi di conteggio diversi da quelli utilizzati altrove. Secondo un’analisi del Financial Times, il bilancio delle vittime è del 70% superiore a quanto dichiarato.

Riaprono per prime le aziende delle costruzioni, dell’agricoltura e dell’energia. Restano per ora chiusi ristoranti e cinema. Ancora sospesi manifestazioni di massa ed eventi culturali. E si dovranno continuare ad osservare «le più strette norme sanitarie», ha detto Putin. A Mosca, e in tutta la regione della capitale, per uscir di casa sono appena diventati obbligatori guanti e mascherina. Ogni decisione sulle misure di protezione , così come sull’implementazione dei provvedimenti di supporto all’economia, è demandata ai governatori regionali. Il governo conferma l’approccio defilato all’emergenza. La task force nazionale darà in queste ore ai governatori le raccomandazioni per le riaperture. Nel frattempo, sarà predisposto un piano federale di azione «per la ripresa e la crescita»: sussidi alle imprese che non licenziano, ma anche assegni familiari. E bonus per medici e infermieri.

«Davvero memorabile. Putin mette fine alle misure per combattere l’epidemia proprio nel giorno in cui registriamo il record di nuove infezioni: saggezza allo stato puro», ha commentato su Twitter il leader dell’opposizione Alexei Navalny. Il gradimento dei russi nei confronti del presidente è sceso al livello più basso di sempre, secondo l’istituto statistico Levada. I cittadini, registra il sondaggio, pensano che l’azione per contrastare l’epidemia e sostenere commercio e piccole imprese sia confusa e limitata. E poi si è arrabbiati con il Cremlino perché ha contribuito al ribasso dei prezzi petroliferi, da cui l’economia russa tanto dipende, ingaggiando una guerra commerciale con l’Arabia Saudita nel peggior momento possibile. Un’azione sconsiderata, dettata da interessi della élite del potere. E che contribuisce ad alimentare l’angoscia dei russi, perché l’andamento dei mercati dell’energia ha effetti immediati sul rublo, sul costo del denaro, sull’occupazione e sui salari.

Ci sono già state proteste di piazza a Vladikavkaz, nell’Ossezia del Nord: «È un fenomeno nuovo, spontaneo: nessun organizzatore, e non c’entra niente Navalny», ha detto il politologo Andrei Kolesnikov all’emittente radiofonica Echo Moskvy. «La gente manifesta perché non capisce quel che sta succedendo: non si può più guadagnare perché c’è il lockdown, ma nessuno passa in elicottero a buttar giù soldi dal cielo». Nuove proteste «sono probabili», dice la direttrice di R.Politik Tatiana Stanovaya. Ora, se c’è qualcosa che al Cremlino proprio non sopportano sono le proteste di piazza. Ricordano troppo le “rivoluzioni colorate”, incubo del potere in Russia. Inoltre, il regime non riesce a dosare la forza per reprimerle: i suoi apparati di sicurezza esagerano con le botte e gli arresti, e il governo deve poi far marcia indietro e liberare i prigionieri, per non rendersi troppo inviso alla popolazione. È successo così alla fine della scorsa estate. Sembra un secolo fa. Nella esasperata situazione attuale, il “dosaggio” sarebbe ancor più difficile. E la reazione con ogni probabilità sarebbe la più dura. Ma anche le conseguenze per chi la ordina potrebbero esser gravi, con i russi attanagliati dal disastro economico e con sempre meno da perdere. La storia qualcosa insegna. Se le cose con l’epidemia non si mettono meglio alla svelta, Vladimir Putin rischia di brutto.