C’erano tutti i temi “cruciali” della scuola, negli striscioni degli studenti scesi in piazza lo scorso 15 novembre per il “No Meloni day”, dal voto in condotta al divieto di manifestazione, fino all’immancabile causa palestinese. Non c’era ciò che proprio a loro dovrebbe interessare di più: il diritto a un’istruzione di qualità, che invece non c’è, soprattutto al Sud.
A dare l’ennesima sonora sveglia arrivano i dati dell’indagine Iea Timss (Trends in International Mathematics and Science Study), che misura e compara, ogni quattro anni, la preparazione in matematica e in scienze degli studenti in 64 paesi di tutto il mondo. Sono valutati, in particolare, gli apprendimenti della quarta elementare (scuola primaria) e poi della terza media (secondaria di primo grado).

Non c’è troppo da sorridere in termini complessivi, anche se nella stampa di ieri c’era chi parlava di una buona “tenuta” dell’Italia. E invece ha fatto bene Roberto Ricci, presidente Invalsi, durante il convegno di presentazione dei dati di ieri mattina a Roma, a scongiurare la retorica del bicchiere mezzo pieno. Non può essere diversamente per un Paese del G7 che si ritrova sì al di sopra della media internazionale (dove però sono compresi paesi come Brasile, Marocco e Costa d’Avorio), ma sempre sotto la media dell’Unione europea (seppur per poco) in tutte le rilevazioni. “Se vogliamo rimanere ancorati ai contesti che sono sulla frontiera dell’innovazione – ha detto Ricci – non possiamo accontentarci di stare nella media”, accanto a paesi come il Portogallo e l’Ungheria, non certo l’Inghilterra, per esempio.

Scuola, i divari nord-sud: insufficiente in matematica il 23% dei meridionali

Ma la vera tragedia, ancora una volta, è rappresentata dai divari: significativo quello di genere (vanno meglio i ragazzi), catastrofico, ancora una volta e in tutte le rilevazioni, quello tra Nord e Sud. I numeri sono tanti, ma su uno c’è da focalizzarsi con attenzione: il numero di studenti che non raggiungono il benchmark minimo, cioè la sufficienza, stabilito dalla rilevazione a 400 punti. Ebbene, per la matematica, se nel Nord Ovest non raggiunge il benchmark minimo il 6% degli studenti, nel Sud e Isole (area di riferimento che comprende Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) c’è il 17% di studenti a rimanere escluso dal livello minimo. Cosa succede in terza media, quattro anni dopo? Naturalmente tutto peggiora e il divario aumenta, e fuori dal livello base rimane il 23% degli studenti di Sud e Isole.

L’abisso anche nelle altre materie

Non va meglio con le scienze, dove il 14% non raggiunge il livello base nell’area Sud e Isole in quarta elementare, e il dato sale al 20% in terza media, con un Nord sempre meglio posizionato (10%). Tra studenti del Nord Ovest e studenti di Sud e Isole ci sono già in quarta elementare 40 punti di differenza. Cosa fanno queste differenze nel tempo? Naturalmente aumentano. E i divari? Aumentano anche quelli. Per dirla in parole povere: gli studenti che avevano punteggi più bassi sono andati ancora peggio, e quelli con punteggi più alti sono andati ancora meglio. Ne abbiamo parlato con Tiziana Pedrizzi, ricercatrice Irre (Istituto Regionale di Ricerca Educativa) della Regione Lombardia, e responsabile Pisa Lombardia nel 2003 e 2006, per venti anni attiva nella ricerca su questi temi.

Status economico-sociale, genere, immigrazione

Che idea si è fatta di questo divario Nord-Sud che si conferma sempre di più? “Il Sud non si offenda, ma non si può migliorare se non si pensa di doverlo fare. Certe volte si ha l’impressione che non si vogliano guardare i dati e ci si arrocchi su un’idea di una propria diversità culturale, più umanistica, e si enfatizzino le pur reali esperienze di genialità ed eccellenza, che rischiano di non far vedere il problema nella sua dimensione più ampia. Insomma, il problema è che al Sud i divari delle Escs (Economic, Social and Cultural Status) sono molto maggiori, il lavoro dei genitori e numero dei libri a casa risulta determinante per la qualità degli apprendimenti più di tutto il resto. Da anni si cerca di trovare variabili che dipendano dalla attività della scuola, ma purtroppo non sembrano essere più determinanti di queste tre: status economico-sociale, genere, immigrazione”. Più chiaro di così? I dati, ancora una volta, chiamano il Sud a un moto di orgoglio, ma c’è bisogno di saperli guardare e, in un secondo momento, di saperli accettare.