“Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone”. Sono le parole amare che aveva scritto in una lettera Seid Visin, 20 anni, nato in Etiopia ma cresciuto in Italia, dove era stato adottato da piccolo da una famiglia di Nocera Inferiore (Salerno).

Seid è stato trovato morto nella sua stanza giovedì: il ragazzo era tornato a casa dopo un paio di stagioni passate a Milano, a giocare nelle giovanili del Milan con Gigio Donnarumma. Prima della stagione 2016/17, l’ultima vissuta a livello agonistico, aveva avuto l’opportunità – durante l’avventura in rossonero – di conoscere Mino ed Enzo Raiola. In ritiro, in quel periodo, condivideva persino la stanza con il quasi coetaneo Donnarumma, compagno anche di origini essendo il portierone azzurro di Castellammare di Stabia. Ha detto addio al calcio dopo essere tornato per un breve periodo al Benevento. Si era unito a una squadra di calcio a cinque, l’Atletico Vitalica, che gioca le partite in casa a Sarno.

Ma assieme allo sport, agli amici, allo studio e alla famiglia, Seid viveva anche il dramma del razzismo. In una lettera mandata ad alcuni amici e alla sua psicoterapeuta Rita D’Antuono D’Ambrosio,  datata gennaio 2019, pubblicata dalla stessa professionista e dall’associazione “Mamme per la Pelle“. c’è tutto il disagio di un giovane alle prese col disprezzo delle persone che incontrava in strada, nei negozi, col senso di vergogna per essere nero. 

Seid scriveva: “Io non sono un immigrato. Sono Sono stato adottato da piccolo (…). Ricordo che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, tutti si rivolgevano a me con gioia, rispetto e curiosità. Adesso sembra che si sia capovolto”. Un mondo capovolto che il 20enne racconta così: “Ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone, specie anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche come responsabile perché molti giovani italiani (bianchi) non trovassero lavoro”.

Col passare degli anni qualcosa dentro di lui “è cambiato, come se mi vergognassi di essere nero, come se avessi paura di essere scambiato per un immigrato, come se dovessi dimostrare alle persone, che non mi conoscevano, che ero come loro, che ero italiano, bianco”.

Seid si spinge più in là e ammette anche di aver fatto “battute di pessimo gusto su neri e immigrati (…) come a sottolineare che non ero uno di loro. Ma era paura. La paura per l’odio che vedevo negli occhi della gente verso gli immigrati”.

Una lettera-testamento letta dagli stessi familiari di Seid nel corso del funerale tenuto oggi a Nocera, un testo letto integralmente stamane nella chiesa di San Giovanni Battista, accolto da un lungo applauso.

Ma secondo i genitori del ragazzo non c’è alcun correlazione tra il suo suicidio e gli episodi di razzismo che aveva descritto nel 2019. Sono stati loro stessi a spiegarlo alla testata locale salernitana Telenuova: “Il gesto estremo di Seid non deriva da episodi di razzismo”.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.