Esteri
Sharaa-curdi: lo storico accordo. Sul massacro alawita c’è la firma di Teheran

“Uno, uno, uno, il popolo siriano è uno” è lo slogan che ha riecheggiato tutta la scorsa notte in tutte le aree a maggioranza curda della Siria. La popolazione siriana è esplosa di gioia alla notizia dell’accordo tra le Forze democratiche siriane (SDF) a guida curda e il nuovo governo siriano del presidente ad interim al-Sharaa.
In un annuncio a sorpresa, la presidenza siriana ha pubblicato uno storico accordo in otto punti firmato tra il comandante delle Forze democratiche siriane, Mazloum Abdi Kobani, e il presidente al-Sharaa: 1. Garantisce il diritto di tutti i siriani alla rappresentanza e alla partecipazione al processo politico e a tutte le istituzioni statali, in base al merito, indipendentemente dal loro background religioso ed etnico. 2. Riconosce la comunità curda come comunità indigena all’interno dello Stato siriano e lo Stato siriano garantisce alla minoranza curda il diritto alla cittadinanza e tutti i diritti costituzionali. 3. Verrà attuato un cessate il fuoco in tutti i territori siriani. 4. Tutte le istituzioni civili e militari nella Siria nordorientale saranno integrate nell’amministrazione statale siriana, compresi i valichi di frontiera, gli aeroporti, i giacimenti di gas e petrolio. 5. Lo Stato siriano garantirà il ritorno sicuro di tutti i siriani sfollati nelle loro città e nei loro villaggi e fornirà loro protezione. 6. Lo Stato siriano sarà sostenuto nei suoi sforzi per combattere i resti del regime di Assad e qualsiasi minaccia alla sua sicurezza e unità. 7. Saranno fermamente respinti gli appelli alla divisione, all’incitamento all’odio e ai tentativi di seminare discordia tra le varie componenti della società siriana. 8. I comitati esecutivi lavoreranno e si impegneranno per attuare l’accordo entro e non oltre la fine dell’anno in corso.
Dunque, nel prossimo periodo possiamo aspettarci che le SDF siano integrate nel processo costituzionale e nella struttura di difesa della Siria, che siano al tavolo della definizione del futuro della Siria e che svolgano persino un ruolo nella riduzione delle tensioni nelle regioni in cui sussiste una forte tensione tra alawiti e sunniti con scontri feroci. Si tratta di un primo passo che dovrebbe far piacere a tutti coloro che desiderano la pace e amano questa regione e la sua gente. Una firma importante contro la minaccia di divisione in Siria. Nella piazza centrale del quartiere Ashrafiyeh di Aleppo, a maggioranza curda, un’enorme bandiera nazionale siriana è stata esposta durante la scorsa notte. L’accordo tra Damasco e le SDF sembra positivo a prima vista, almeno nella forma. Sebbene sia probabile che sorgano alcuni problemi, ma intanto il vertice di Amman sulla Siria e la visita di Kurilla (il comandante supremo degli Stati Uniti in Medio Oriente) dimostrano che gli attori internazionali sono sulla stessa lunghezza d’onda: quella della definitiva pacificazione siriana.
D’altro canto, la nuova amministrazione siriana, guidata da Ahmed al-Sharaa, si è trovata ad affrontare una prova difficile e drammatica in questi ultimi giorni. Vi sono infatti almeno tre fronti caldi che rappresentano una minaccia esistenziale per l’autorità di Damasco che potrebbe trasformare l’intera mappa geografica siriana: il dossier siriano orientale con le forze curde che controllano gran parte della Siria orientale ricco di risorse energetiche e idriche, il dossier druso nella Siria meridionale con lo sconfinamento di Israele, e il dossier sulle cellule restanti dell’esercito di Assad che sulla costa siriana hanno protratto micidiali attacchi alle forze di Damasco provocando scontro feroci che hanno lasciato sul terreno oltre mille persone, per lo più civili e di minoranza alawita, manovrate e sostenute dall’Iran, hanno confermato ad al-Sharaa e al suo governo che il dossier sicurezza richiederà molto tempo per essere risolto. E che dunque lasciare irrisolto il dossier siriano orientale, cioè quello curdo, potrebbe aprire la strada a Teheran e ai suoi alleati in Iraq per trasformare le aree controllate dalle SDF in un punto di transito per il supporto militare e logistico per i resti del regime di Assad sulla costa siriana, un punto di transito per le armi verso Hezbollah in Libano e un punto di partenza per attacchi verso il territorio siriano in coordinamento con figure affiliate all’organizzazione PKK legata ai guardiani della rivoluzione iraniana.
La comprensione di questo aspetto da parte di Al-Sharaa e del suo governo potrebbe essere la ragione per cui si sono mossi il più rapidamente possibile per firmare un accordo con le SDF, nella speranza che ciò abbia un impatto positivo sul dossier sicurezza e anche sul dossier dei drusi nella Siria meridionale, alla luce delle crescenti voci che chiedono federalismo e secessione in quella zona. Ad ogni modo questo storico accordo non si sarebbe potuto firmare senza l’intervento di Abdullah Ocalan. Ciò dà alla pista turca del PKK una grande spinta, proprio come alla Siria stessa. Intanto le forze del presidente provvisorio della Siria, al-Sharaa, stanno ora “bonificando” tutta l’area costiera dalla presenza dei lealisti di Assad che giovedi e venerdi scorso le hanno attaccate.
Dietro questi attacchi vi sarebbe il “Fronte di resistenza islamica siriano Uli al-Bas” un gruppo islamista vicino al leader siriano Ali Khamenei che ha affermato la sua presenza nel territorio siriano con l’obiettivo di combattere la nuova amministrazione siriana posizionandosi come parte dell’”Asse della resistenza” guidato dall’Iran. L’attacco porta dunque le impronte digitali di Teheran, che sta tentando di destabilizzare della Siria e avrebbe come obiettivo di creare un cantone alawita sulla costa siriana. Teheran sfrutta questa realtà instabile per ricostruire le linee di rifornimento di armi e denaro attraverso il territorio siriano alla milizia di Hezbollah in Libano.
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