L’universo al di là dell’Occidente appare capace di ampliarsi e polarizzarsi
Siamo a un bivio della storia: il mondo che sfida i due blocchi
L’universo al di là dell’Occidente non solo sembra resistere alle pressioni internazionali, ma a questo punto appare anche capace di ampliarsi e di polarizzarsi in un duello sempre più fragoroso con l’altra metà del globo.
Il viaggio di Kim Jong-un in Russia, la visita di Nicolas Maduro in Cina, l’assenza di Xi Jinping e Vladimir Putin dal G20 in India, l’Iran isolato da Europa e Stati Uniti ma sempre più in sintonia con Mosca e Pechino sono alcune immagini recenti che mostrano un mondo in rapida evoluzione.
Al di là dell’Occidente, oltre quella misteriosa e complessa cortina di ferro calata lungo i teatri dove va in scena quella “guerra mondiale a pezzi” segnalata da Papa Francesco, il mondo non solo si evolve, ma sembra anche in grado di blindare una propria peculiare forma di cooperazione e di piena sinergia.
Senza necessità di appoggiarsi all’altro blocco, ma anche con il chiaro intento di dimostrare la propria capacità di sfidare certe dinamiche. I segnali ci sono e mettere insieme questi “puntini” serve a disegnare un sistema molto più consolidato di quanto credessero i più ottimisti. L’universo al di là dell’Occidente non solo sembra resistere alle pressioni internazionali, ma a questo punto appare anche capace di ampliarsi e di polarizzarsi in un duello sempre più fragoroso con l’altra metà del globo. Un duello che assume ogni giorno di più toni ideologici ed esistenziali.
Il richiamo di Kim alla “guerra santa” per descrivere la politica di Vladimir Putin dopo la guerra in Ucraina è in questo senso emblematico. Certo, arriva dal vertice della propaganda nordcoreana. Ma questo non esclude che anche dalla bocca del dittatore di Pyongyang possano scaturire parole che aiutino a osservare le vicende mondiali da un’altra angolazione.
Perché ciò che appare chiaro in questa fase delle relazioni internazionali è la progressiva divisione del mondo in sistemi distinti e tra loro sempre più inconciliabili, incapaci di riconoscersi a vicenda.
Le ultime mosse di Putin e Xi servono a capire questo divario che appare sempre più incolmabile. Il presidente russo, un tempo un naturale interlocutore dell’Occidente, in particolare dell’Unione europea e dei suoi Stati membri, vede ormai solo pochi leader in larga parte completamente isolati dal mondo, ad eccezione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. La scelta di ricevere in pompa magna Kim forse non è quel segno di “disperazione” suggerito da alcuni osservatori, ma è senza dubbio un segnale che rafforza quell’immagine di distacco della Russia nei confronti del mondo a cui si è sempre rivolta, ovvero Europa e Usa.
Xi, decidendo di non partecipare al G20 ospitato dal premier indiano Narendra Modi, ha voluto lanciare un altro segnale di polarizzazione delle relazioni tra potenze. Non riconoscendo quel summit internazionale come qualcosa di realmente decisivo, Xi ha preferito scommettere su quello a cui preme veramente: il Brics allargato.
Allo stesso tempo ha però aperto le porte a uno dei leader più discussi della comunità internazionale, Maduro, il presidente del Venezuela chavista. Una scelta che ha destato non poche perplessità, tanto per il tempismo – proprio a ridosso del G20 – quanto per l’eventualità che questo incontro fosse interpretato da Washington come un gesto di sfida. Non è un mistero che i rapporti con Caracas siano ai minimi termini, e che il Venezuela rappresenti un nervo scoperto Usa nel suo “cortile di casa” al pari di Cuba e in parte del Nicaragua.
“Sono molto lieto di annunciare l’innalzamento delle relazioni tra Cina e Venezuela al livello di partenariato strategico ‘per tutte le stagioni’”, ha detto Xi. E la scelta delle parole in questo caso è particolarmente importante. Solo Bielorussia, Pakistan e Russia possono fregiarsi di questo tipo di partnership con la Cina. E questo implica che dopo l’incontro tra Xi e Maduro, i rapporti tra la Repubblica bolivariana e quella popolare saranno sensibilmente rafforzati.
Con l’Iran a fare da corridoio e alleato di Pechino e Mosca, e con un “sud globale” sempre più sganciato dall’Occidente, l’impressione è che si sia di fronte a un bivio della Storia. I blocchi non parlano e le differenze non sono più solo strategiche, ma anche esistenziali.
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