Come impatta l’inchiesta su Toti sulle intenzioni di voto? Il Riformista lo ha chiesto al ligure Fabrizio Masia, sondaggista titolare di Emg Different e spin doctor elettorale.
Terremoto giudiziario a trenta giorni, pura combinazione, dal voto. Come cambia le intenzioni di voto?
«Ho appena fatto un sondaggio che presenta un quadro chiaro: sette italiani su dieci pensano che quello di Toti non sia un caso isolato ma che in Italia vi sia una corruzione estesa. Un fenomeno diffuso. Al tempo stesso, il medesimo campione si dice indifferente rispetto allo scandalo».
Cioè la situazione è grave, ma non seria…
«E’ subentrata la disillusione verso la politica: non ci si aspetta neanche più che sia estranea alla corruzione. C’è un clima generale di sfiducia per cui non si è troppo sorpresi da quel che accade. Rispetto a altri casi, domina una maggiore indifferenza».

Come si traducono indifferenza e sfiducia?
«Nella minore partecipazione al voto, principalmente. Credo che nel caso delle Europee la percentuale dei votanti rivelerà con chiarezza quale distanza ormai siderale esista tra politica e società. Una sfiducia complessiva verso la politica locale e nazionale porta gli elettori, più che a scandalizzarsi o arrabbiarsi, a non votare e basta».
E chi invece voterà, come si comporterà?
«Chi ha comunque intenzione di votare, se ha già fatto una scelta di campo è più difficile che cambi idea. L’elettore di destra sarà portato a pensare che si tratta di una manovra, di una bomba a orologeria e può perfino trovare maggiore motivazione nell’andare a votare».
Lo zoccolo duro del centrodestra può allargarsi, paradossalmente?
«Sì, e anche in passato ci sono stati risultati analoghi in cui le inchieste prima delle elezioni non hanno stravolto l’esito atteso dalle urne. In ipotesi, potrebbe perfino rafforzare Forza Italia che si presenta con Noi Moderati. E poi del caso Toti tra un mese si parlerà meno, l’attenzione scenderà molto e alla fine influirà in modo marginale».

Il giustizialismo non tira più?
«Le elezioni europee sono proporzionali e vincono le battaglie identitarie, di bandiera. Potrebbe dunque portare qualcosa al M5S, ma più come elemento conservativo, di consolidamento della base elettorale, che come acquisto di elettorato nuovo».
Curioso che non si senta più Beppe Grillo, sul caso che riguarda la sua Liguria…
«E’ da tempo che ha lasciato le redini del Movimento, questo silenzio ci fa capire che ormai è fuori dalla politica».
Il Pd fa bene a inseguire Conte su questo terreno? A fare del giustizialismo una bandiera?
«Anche la loro è una modalità conservativa: un elettore del Pd si aspetta che il partito si esprima in modo molto critico su Toti. Se Schlein comunicherà in modo non troppo radicale, se saprà distinguere i suoi toni da quelli dei Cinque Stelle, i sostenitori del Pd si sentiranno ben rappresentati da chi chiede le dimissioni del governatore arrestato».

Com’è cambiata la reazione della gente dal 1993-’94, dall’indignazione quasi isterica di Mani Pulite?
«Oggi c’è più individualismo e meno ingenuità. Si assume senza traumi la notizia dell’arresto eccellente e ci si preoccupa quasi soltanto di quel che impatta sulla propria vita, sul proprio lavoro. Poi non amplifichiamo: si tratta di un caso locale. E la Liguria è una piccola regione, non arriva a due milioni di abitanti. Per quasi tutti gli italiani non è successo assolutamente niente. Le priorità delle persone normali sono altre, ci si preoccupa di arrivare a fine mese, più che di leggere l’ordinanza di arresto di Toti…»
Come vive questo momento la Liguria, che invece ne è travola?
«La nostra regione ha vissuto molte difficoltà. E’ una regione complicata e molto invecchiata. Ha bisogno di movimenti vitali che portino sviluppo e lavoro per i giovani. Molto passa per le attività portuali. E’ chiaro che si deve rimettere in moto un sistema che porti sviluppo».
E il rovescio della medaglia giustizialista è che ferma i cantieri…
«Chiaro, è realistico che le infrastrutture in corso di realizzazione subiranno danni seri dalle indagini di cui si parla. Ed è un problema per tutti: per le tante persone che ci lavorano, per il turismo. La giustizia lumaca poi non lascia ben sperare».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.