L’acido che mi hanno scagliato sul viso non riuscirà mai a togliermi il sorriso. Lo vedete il mio sorriso? Eccolo, è vero come il dolore che ho sofferto in questi giorni, come l’ansia che nutro dopo quella maledetta domenica notte: è il sorriso di chi non rinuncia a vivere, nonostante tanta violenza, tanto dolore ingiustificati”. Per la prima volta a parlare è Elena, 23 anni, vittima insieme a sua sorella Federica, 17 anni, di un agguato a colpi di acido in faccia.

Nell’intervista rilasciata al Mattino, Elena racconta le sue ansie e la paura per se e la sua bambina di pochi anni. E delle conseguenze che tutto questo porterà in un’inchiesta che, come emerso fin ora, ha come protagonista la sua famiglia allargata. La vicenda è ancora tutta da capire e da verificare. La zia Francesca, 2 anni più giovane di lei è in stato di fermo con le accuse di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso e violenza privata. È stata lei stessa a presentarsi in Questura, dove è stata interrogata per molte ore. Ma gli investigatori sono ancora alla ricerca di indizi per riscontrare quelle affermazioni.

“Ho visto quella bottiglia che ci è stata lanciata addosso. Ho sentito il bruciore sul viso, sulla guancia. Sulle prime, io e mia sorella abbiamo fatto di tutto per difenderci gli occhi, abbiamo rischiato di impazzire. È stato difficile anche prendere il telefono e comporre i numeri di soccorso. Solo dopo essere saliti a bordo dell’ambulanza, abbiamo cominciato a sperare in una svolta. Sono stati minuti tremendi. Un vero inferno”, racconta Elena al Mattino.

Non sono ancora chiare le dinamiche familiari in cui sarebbero nati e cresciuti risentimenti in famiglia. Al vaglio degli investigatori ci sono anche dei video sui social e delle chat. Ma per Elena resta il dispiacere e la rabbia per quel gesto estremo: “Fatto sta che ancora oggi non riesco a comprendere tanto odio mosso contro di noi, un gesto feroce (che non è degno di un paese come il nostro), un’azione da vigliacchi”. E ancora: “Le conclusioni delle indagini non spettano a me, quello che avevo da dire l’ho detto in questura l’altra notte. Resta una domanda che è già di per se dolorosa: come è possibile nutrire tanto odio? E a che titolo? Come si fa a organizzare una cosa del genere, senza riflettere per un attimo alle conseguenze orribili di un gesto. L’acido è arrivato a pochi millimetri dagli occhi, potevano accecarci”.

Elena ritiene assurdo il coinvolgimento delle chat sui social in questa vicenda così dolorosa: “Propria di chi confonde la realtà virtuale con i drammi della vita reale, come quelli che sono stati imposti a me e a mia sorella”. E alle ragazze di Napoli dice: “Di uscire da questa bolla, parlo dei social, e di non confondere realtà virtuale e quella reale. Poi, a me stessa e a chi mi vuole bene dico: nulla potrà spegnere il mio sorriso”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.