Dodici anni per omicidio preterintenzionale ai due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessando. E’ quanto stabilito dai giudici della prima Corte d’Assise di Roma, presieduta da Vincenzo Capozza, in relazione alla morte di Stefano Cucchi, il geometra 31enne arrestato il 15 ottobre del 2009 per droga e deceduto una settimana dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma.

Assoluzione ‘per non aver commesso il fatto‘ invece per il militare dell’Arma Francesco Tedesco, unico imputato presente in aula (è colui che ammise il pestaggio raccontando dettagli raccapriccianti della notte del fermo), condannato a due anni e sei mesi  per il reato di falso nella compilazione del verbale di arresto. Tre anni e otto mesi per il comandante della stazione Appia Roberto Mandolini, con l’accusa di falso. Assolto Vincenzo Nicolardi e lo stesso Mandolini dal reato di calunnia, riqualificato in falsa testimonianza.

IL BACIAMANO – Subito dopo la sentenza un carabiniere, visibilmente commosso, ha fatto il baciamano a Ilaria Cucchi. “L’ho fatto perché finalmente dopo tutti questi anni è stata fatta giustizia”, dice il militare mentre accompagna i genitori di Stefano Cucchi, anche loro commossi, fuori dall’aula di Rebibbia.

ILARIA CUCCHI –Oggi ho mantenuto la promessa fatta a Stefano dieci anni fa quando l’ho visto morto sul tavolo dell’obitorio. A mio fratello dissi: ‘Stefano ti giuro che non finisce qua’. Abbiamo affrontato tanti momenti difficili, siamo caduti e ci siamo rialzati, ma oggi giustizia è stata fatta e Stefano, forse, potrà riposare in pace”. Così Ilaria Cucchi subito dopo la sentenza che ha riconosciuto l’omicidio preterintenzionale del giovane pestato dopo l’arresto nel 2009 e condannato, a vario titolo, quattro carabinieri. “Ci sono voluti 10 anni e chi è stato al nostro fianco ogni giorno sa benissimo quanta strada abbiamo dovuto fare. Ringrazio tutti coloro che non ci hanno abbandonato e ci hanno creduto, assieme a noi”, aggiunge.

I GENITORI –  “Andremo sempre avanti. Lo abbiamo giurato davanti a quel corpo martoriato. A Stefano abbiamo promesso di andare avanti per avere verità e giustizia. Questo è il primo passo e andremo avanti fino alla fine, ma oggi è già tanto e vogliamo ringraziare la procura di Roma e tutte le persone che ci sono state vicine”. Così i genitori di Stefano Cucchi, Rita e Giovanni, subito dopo la sentenza che ha riconosciuto l’omicidio preterintenzionale del giovane pestato dopo l’arresto nel 2009 e condannato, a vario titolo, quattro carabinieri.

IL GENERALE NISTRI – “Abbiamo manifestato in più occasioni il nostro dolore e la nostra vicinanza alla famiglia per la vicenda culminata con la morte di Stefano Cucchi – afferma il comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri – un dolore che oggi è ancora più intenso dopo la sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Roma che definisce le responsabilità di alcuni carabinieri venuti meno al loro dovere, con ciò disattendendo i valori fondanti dell’Istituzione”.

LA RICHIESTA DELLA PROCURA – Per Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro la procura di Roma aveva chiesto 18 anni di carcere, accusandoli di omicidio preterintenzionale per il pestaggio ai danni di Stefano la notte del suo arresto. Per Francesco Tedesco, il militare che durante il procedimento ha accusato i due colleghi dell’Arma, la procura chiedeva l’assoluzione per non aver commesso il fatto, sul reato di omicidio preterintenzionale, e la condanna a tre anni e sei mesi per il reato di falso nella compilazione del verbale di arresto. Quest’ultimo reato è contestato anche al maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti a capo della stazione Appia, dove venne eseguito l’arresto. Per Mandolini l’accusa chiede otto anni di carcere e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per i reati di calunnia la procura aveva invece chiesto il non doversi procedere per intervenuta prescrizioni nei confronti dello stesso Mandolini, Tedesco e Vincenzo Nicolardi, anche lui carabiniere, a giudizio per le bugie contro i tre agenti di polizia penitenziaria che vennero accusati nel corso del primo processo.

IL SECONDO PROCESSO – I giudici della Corte d’Appello di Roma hanno proceduto a quattro proscioglimenti per intervenuta prescrizione e ad una assoluzione nei confronti dei medici dell’ospedale Sandro Pertini che ebbero in cura nel reparto detenuti Stefano Cucchi prima del morte. La prescrizione è scattata nei confronti del primario Aldo Fierro, di Flaminia BrunoLuigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo. Assolta Stefania Corbi.

LA DIFESA DEI CARABINIERI: “NESSUN NESSO CON MORTE CUCCHI” – Nell’ultima udienza prima della sentenza del 14 novembre, Antonella De Benedictis, difensore di Alessio di Bernando, uno dei carabinieri imputati per l’omicidio preterintenzionale di Cucchi, ha chiesto l’assoluzione per il suo assistito perché “non c’è un nesso tra il presunto pestaggio di Stefano Cucchi e la sua morte e in mezzo ci può essere stato un errore medico se è vero che Cucchi è morto per la crescita abnorme del globo vescicale dovuto all’ostruzione del catetere”.
“In questo processo – ha spiegato nel corso dell’udienza nell’aula bunker di Rebibbia- si sta facendo una caccia alle streghe perché bisogna necessariamente dare un colpevole”.  “Cucchi e la sua famiglia hanno subito una grande ingiustizia, lo Stato non ha saputo difendere un ragazzo, che era l’ultimo degli ultimi e i suoi genitori non hanno neanche potuto vederlo in ospedale” ha aggiunto l’avvocato.

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