Una sforbiciata al Superbonus edilizio, misura varata dal governo a guida Giuseppe Conte per finanziato i lavori di ristrutturazione e migliorare l’efficienza energetica di migliaia di edifici.

È la scelta presa dall’esecutivo di Giorgia Meloni nel Consiglio dei ministri di giovedì 16 febbraio, con l’approvazione di un decreto legge per bloccare la cessione dei crediti e lo sconto in fattura dei bonus fiscali, in particolare il 110 per cento.

Un Superbonus ampiamente criticato anche dal precedente governo, quello di larga coalizione a guida Mario Draghi, per due motivi in particolare: da una parte i tantissimi soldi pubblici impiegati gonfiando il debito già esplosivo del nostro Paese, dall’altro l’aver favorito frodi per miliardi di euro.

Problemi riassunti in conferenza stampa ieri dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti così: “I bonus hanno prodotto anche benefici per alcuni cittadini, ma hanno posto in carico a ciascun italiano duemila euro a testa. Questo il bilancio di questa esperienza”.

La mossa del governo Meloni agisce in particolare sui metodi di riscossione del Superbonus, agevolazione fiscale che sulla carta serviva ad incentivare il settore edile, sostenere l’occupazione durante il periodo più nero della pandemia di Covid-19 e rendere le case più ecosostenibili aumentandone anche il valore di mercato.

Fino al decreto legge approvato in CdM, il Superbonus poteva essere riscosso in tre modi. Il primo riguarda esclusivamente i proprietari degli immobili, ovvero per coloro che potevano permettersi di pagare direttamente i lavori: chi ristruttura casa comunica i pagamenti dei lavori nella dichiarazione dei redditi e paga meno tasse nei cinque anni successivi, con lo Stato che restituita il 110% dell’importo pagato con quella che viene definita detrazione fiscale.

Quindi gli altri due metodi, che il governo ha bloccato. Da una parte lo sconto in fattura applicato da imprese o fornitori, con gli esecutori dei lavori che dunque prendono carico del credito fiscale del committente/proprietario di casa per poi recuperarlo dallo Stato sotto forma di detrazione fiscale.

Terza opzione è, o per meglio dire era, la cessione del credito di imposta, quella che secondo il governo Meloni e Draghi ha creato i presupposti per le frodi miliardarie.

Col credito di imposta infatti si può trasferire la detrazione fiscale ad altre imprese, banche, professionisti o enti. In cambio chi ristruttura casa può avere subito i soldi per iniziare i lavori o accedere a mutui e finanziamenti. Un esempio: chi vuole realizzare lavori da 100mila euro al proprio palazzo può pagare l’impresa con un credito di imposta da 110mila euro: chi compra il credito di imposta compie di fatto un investimento e sa che può cederlo a sua volta, ad esempio ad una banca.

Su questa misura era già intervenuto il governo Draghi, limitando la possibilità di cedere il credito di imposta per un numero illimitato di volte: passaggi che erano sfruttati per frodare il fisco.

L’intervento del governo Meloni è stato fortemente criticato dalle opposizioni, in particolare del Movimento 5 Stelle ‘padre’ del Superbonus, ma anche dai costruttori e dalle imprese del settore edile.

Secondo l’Ance, l’associazione dei costruttori, ci sono 15 miliardi di crediti fermi che mettono a rischio i conti di 25mila aziende. “È da ottobre che aspettiamo di capire come si pensa di risolvere una situazione che è diventata drammatica: non ci rendiamo conto delle conseguenze devastanti sul piano economico sociale di una decisione del genere”, ha detto la presidente dell’ANCE Federica Brancaccio.

La CNA, confederazione che raggruppa 623mila artigiani, lancia invece l’allarme sulle ricadute nel settore. Secondo Dario Costantini, presidente di CNA, il blocco dei crediti danneggerà migliaia di imprese e cittadini pronti a ristruttura casa.

Blocco delle cessioni del credito che porterà a diverse tipologie di conseguenze e situazioni, come spiega il Corriere della Sera. Per chi ha già avviato i lavori e ha eseguito almeno una cessione a Sal (stato avanzamento lavori), possibile quando si siano effettuate almeno il 30% delle opere, non ci dovrebbero essere problemi a ultimare il cantiere. Molto più incerta invece la situazione per chi ha depositato la Cilas, la Comunicazione di inizio lavori, ma non ha ancora anche avviato le opere: in questo caso bisognerà attendere ulteriori sviluppi ed il rischio concreto è di incontrare una controparte bancaria non troppo disponibile. Molto più chiara invece la situazione per chi non ha ancora presentato la Cilas: in questo caso non ci sarà la possibilità di cedere il credito.

Redazione

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