Appena esci dalla stazione di Trieste, li vedi. Sono i volontari che accolgono i migranti della rotta balcanica. Gli danno da mangiare e da bere, gli danno i vestiti. E gli lavano i piedi. Come Gesù faceva con gli apostoli: si inchinano e danno il benvenuto a quelle persone di cui l’Europa continua a non voler sentire parlare e che da mesi vagano al confine tra la Croazia e la Bosnia, spesso senza neanche avere un tetto. I volontari li trovi il giovedì o il sabato. Accolgono i migranti afghani, pakistani, iracheni, marocchini, tunisini. Il loro è un gesto di umanità, un gesto di ribellione. Prendono in mano quei piedi feriti, li curano, li proteggono da un viaggio ancora pieno di insidie. Ma non lì, non in quella piazza che si chiama Libertà. Libertà di spostarsi, di aiutare l’altro, di dire no a chi vorrebbe che l’Europa restasse una fortezza inespugnabile. Libertà anche dai bisogni, dalla fame. Libertà di rifarsi una vita. È come se nel gesto di lavare i piedi si chiedesse l’idea di un mondo diverso, opposto a quello che va in scena ogni giorno nei confronti dei fenomeni migratori.

Una cosa è certa: questi volontari meriterebbero un riconoscimento, un premio, mille applausi. E invece ieri mattina hanno avuto un’altra visita: quella della Digos che ha perquisito la sede dell’associazione Linea d’ombra, portando via telefonini privati e libri contabili. L’ipotesi della procura di Trieste è quella di favoreggiamento di immigrazione clandestina. La sede è anche l’abitazione dei fondatori dell’associazione Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir che hanno reagito senza farsi intimidire: «Siamo indignati e sconcertati nel constatare che la solidarietà sia vista come un reato». Il loro impegno non si ferma a Trieste. Ogni mese vanno in Bosnia per portare sostegno alle migliaia di migranti lasciati soli: uomini, donne, bambini, Anche tanti, troppi bambini. Secondo la Caritas di Padova sono circa 8000 le persone che si trovano nel paese dei Balcani senza alcuna assistenza. Una vera e propria emergenza. A cui Linea d’ombra reagisce con atti concreti e con il gesto bellissimo del lavaggio dei piedi.

Lorena Fornasir, 68 anni, psicoterapeuta ha scritto il manifesto “Un ponte di corpi” per chiedere l’apertura delle frontiere e il 6 marzo manifesterà insieme ad altre donne al confine tra la Bosnia e la Croazia. Sono persone come lei e come il marito, che ha 84 anni ed è un ex professore di filosofia, lo spirito della Trieste città aperta, attraversata da culture, religioni, popoli diversi. Ma è uno spirito che si è fermato davanti alla procura di Trieste. La Digos dopo l’irruzione nella sede dell’associazione ha fatto sapere che è in corso una maxi inchiesta contro i trafficanti di essere umani. Si parla di un’organizzazione criminale che lucrerebbe sull’arrivo dei migranti. Qui di criminale c’è solo l’atteggiamento nei confronti di chi salva vite umane, di chi al posto delle istituzioni garantisce che gli esseri umani siano trattati da esseri umani. Che chi fugge non venga lasciato solo. Li aspettano fuori dalla stazione, gli danno il benvenuto. Sono il volto di quell’Europa che ci piacerebbe fosse maggioritaria.

Su questo giornale abbiamo applaudito l’arrivo del governo Draghi, ma ci chiediamo se invece di Lamorgese al ministero dell’Interno non è stato nominato nuovamente Matteo Salvini, per quanto anche nel suo primo mandato la ministra ci abbia deluso non poco. Confondere la solidarietà con un reato è il lascito peggiore che arriva dal Conte 1 e che per voltare davvero pagina deve essere definitivamente archiviato. L’azione di ieri nei confronti dell’associazione Linea d’ombra ne lascia intatto il peggiore spirito e fa suonare un campanello d’allarme in chi, anche senza aspettarsi grandi riforme, sperava in un clima diverso, non criminalizzante nei confronti delle associazioni e delle persone impegnate ad aiutare i migranti.

La rotta balcanica non fa rumore come il Mediterraneo ma è un’emergenza che l’Europa deve affrontare in fretta. Servono aiuti, non retate della polizia. In serata è arrivata la solidarietà della rete dell’accoglienza del Friuli Venezia Giulia: «L’azione penale è obbligatoria e tutti sono uguali davanti la legge. Ma è impossibile non porsi seri interrogativi sulla fondatezza dell’inchiesta e sugli elementi di cui dispongono gli inquirenti per arrivare ad accusare di così gravi reati una persona incensurata di 84 anni, impegnato da anni nell’assistenza umanitaria». Già, come si fa?

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