Hitler nel 1939 non credeva affatto che Francia e Inghilterra avrebbero fatto sul serio una vera guerra, malgrado quel che avevano minacciato a Monaco. E dopo essersi consultato con i suoi generali che in proposito avevano pareri diversi, decise di infischiarsene di eventuali dichiarazioni di guerra della Francia e dell’Inghilterra. Per quel che gli risultava, quei due Paesi non avevano la minima voglia di combattere e cercavano solo di fare il possibile per salvare la faccia.

Hitler ne concluse che gli sarebbe convenuto liberarsi definitivamente della Polonia, recuperando le minoranze linguistiche tedesche e iniziando la liquidazione fisica della popolazione ebraica che in Polonia era di circa tre milioni. Il vero problema, spiegò Hitler al suo stato maggiore, non era ciò che avrebbero fatto la Francia e l’Inghilterra, che considerava militarmente insignificanti, ma come avrebbe reagito Stalin e l’Unione Sovietica. E se Francia e Inghilterra l’avessero davvero attaccato da Occidente mentre la Russia lo colpiva da oriente? Hitler era sicuro che la Germania avesse perso la Prima guerra mondiale per il fatale errore di averla combattuta su due fronti, con la Francia e con la Russia. Non sarebbe mai più dovuto accadere. Di conseguenza, per prendere la Polonia non vedeva altra soluzione che fare a Stalin un’offerta che non potesse rifiutare. Stalin del resto aveva pronunciato a marzo un discorso in cui distingueva fra potenze capitalistiche imperialiste e Germania Nazista.

Il discorso era stato segnalato all’ambasciatore tedesco von Shulembrug che l’aveva segnalato al ministro degli esteri von Ribbentrop  il quale a sua volta l’aveva sottoposto ad Hitler con malcelato entusiasmo: “A mio parere, disse, Stalin non è più quel bandito bolscevico che conoscevamo, ma si è tra trasformato in un accorto nazional socialista”. Hitler non era così entusiasta, ma prese atto. E fece sondare Mosca: “Dicevate sul serio circa la differenza fra la Germania e gli Stati imperialisti?” Stalin stesso fece rispondere a Molotov che quello era esattamente il senso delle sue parole. Le trattative procedettoro veloci e il 23 agosto von Ribbentrop e tutto il suo staff erano a Mosca per essere ricevuti da Stalin e Molotov per la grande cerimonia del “Trattato di non aggressione”. Non una parola sugli allegati interni. Passò poco più d’una settimana e la Germania invadeva la Polonia. I polacchi sapevano perfettamente quel che stava per succedere alla loro frontiera e avevano deciso di mobilitare il loro esercito.

Ma Parigi e Londra sconsigliarono caldamente: “Una mobilitazione sarebbe sfruttata da Hitler come un gesto ostile”. All’alba del primo settembre cominciò l’invasione dopo una messinscena di alcune SS travestite da militari polascchi che avevano attaccato una postazione tedesca facendosi poi inseguire nel territorio polacco. Una nave da guerra tedesca apriva il fuoco sulla Polonia e partivano stormi di cacciabombardieri della Luftweaffe. Nacque la leggenda secondo cui i polacchi erano talmente stupidi da caricare i carri armati con la cavalleria, ma le cose stavano diversamente. I poveri polacchi erano sicuri che Francia e Inghilterra sarebbero immediatamente entrate in guerra e che i francesi avrebbero attaccato i tedeschi alle spalle. Non successe nulla di tutto questo e Londra e Parigi persero tre giorni di tempo per dichiarare lo stato di guerra con la Germania.

Finalmente la guerra fu dichiarata e non successe nulla. I francesi uscirono dalla fortificazione della Linea Maginot per un breve attacco ai tedeschi ma tornarono di corsa dietro le loro linee. I polacchi erano soli. Non sapevano nulla dell’imminente attacco sovietico e anzi sperarono che l’Urss venisse in qualche modo in loro soccorso. Anche Hitler aspettava che Stalin si decidesse a far varcare la frontiera polacca dall’Armata Rossa, ma Stalin fece spiegare attraverso Molotov all’ambasciatore tedesco di aver bisogno di una causa politica che non lo facesse passare per un invasore. Doveva far sembrare l’intervento sovietico come una operazione si soccorso alle minoranze etniche stanziate in Polonia come gli ucraini e i bielorussi, che restavano senza protezioni. Hitler si infuriò e fece una scenata a Ribbentrop dicendo che Stalin restava uno slavo come tutti gli altri, un mercante di tappeti alla ricerca di pretesti.

Ribbentrop insistette molto con Molotov il quale spiegò che Stalin non voleva che i due eserciti, Wermacht e Armata Rossa combattessero restando troppo vicini fra loro e che apparissero come un fronte unico, che era esattamente quanto Hitler sperava. Hitler scalpitava per il ritardo sovietico, anche perché nei protocolli segreti l’accordo era che la Russia avrebbe ottenuto il 51 per cento della Polonia mentre alla Germania sarebbe andato il 49. I tedeschi intanto inauguravano la pratica del terrore assoluto contro i civili, cosa che poi non fecero, per esempio, in Francia. Ma Stalin seguitava a non muoversi. Von Ribbentrop pressato da Hitler ripeteva all’ambasciatore tedesco a Mosca Friedrich-Warner Schulemburg di fare pressione, ma di fronte all’atteggiamento impassibile di Stalin, Hitler ordinò al suo generale Heinz Guderian (l’inventore del blitz-Krieg la guerra lampo) di varcare la linea stabilita segretamente per separare le due metà della Polonia, quella tedesca da quella russa e Guderian avanzò nella zona polacca destinata ai russi andando ad occupare la città di Brest Litovsk.

A quel punto l’Armata Rossa ebbe finalmente l’ordine di invadere la Polonia e le prime divisioni guidate dal giovane generale Semyon Krivoshein piombarono su Brest Litovsk dove i nazisti li attendevano per le consegne. Invito tutti i lettori a guardare l’intero filmato, circa dieci minuti, in cui ufficiali sovietici e nazisti si stringono la mano, si scambiano sigarette, alzano e ammainano bandiere, salutano l’inno dell’altro e dopo un formale ricevimento in alta uniforme terminano la festa con una comune parata militare. Quei filmati sono una prova, semmai ce ne fosse bisogno, del fatto che il trattato di non aggressione era un vero trattato di aggressione o, come dice oggi lo storico Roger Moorhouse autore di Il patto del diavolo fra Hitler e Stalin 1939-41 quel patto «aveva un solo scopo e un solo significato: dare il 23 agosto del 1939 la luce verde di Stalin alla guerra di Hitler. Ma da allora, per gli storici sovietici quel patto fu giustificato come il bilanciamento del patto che Francia e Inghilterra avevano firmato nel 1938 a Monaco, autorizzando Hitler ad occupare la Cecoslovacchia».

Le clausole segrete furono tenute nascoste fino al 1948 quando furono trovate dagli americani negli archivi tedeschi e nel 1989 ufficialmente confermate da Michail Gorbaciov, insieme alla conferma che la strage di ventimila giovani ufficiali polacchi uccisi con un colpo alla nuca nella foresta di Katyn, era stata perpetrata dalla Nkvd, l’antenato del Kgb, ed attribuita ai tedeschi. Ma questi fatti non svelano tutto il mistero di una tale incredibile storia. Per mantenere ad un basso livello di visibilità l’alleanza nazi-sovietica con conseguente spartizione dell’Europa dell’Est (che poi Stalin riuscì a farsi confermare a Yalta dagli alleati occidentali) furono usate molte strategie ed intimidazioni che hanno ancora una presa emotiva profonda. In quegli eventi è maturata e ancora abita tutta la teoria della doppiezza e dell’intimidazione. E, poiché dura ancora ai nostri giorni quando tutti i protagonisti di quel passato sono quasi tutti morti, è utile chiedersi perché la macabra farsa su quel che realmente accadde continui ancora.

(2- Continua)

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.