Novità nell’inchiesta sulla strage del Mottarone. Agli arresti domiciliari Gabriele Tadini, capo servizio delle Ferrovie del Mottarone; tornano liberi Luigi Nerini, titolare della società, ed Enrico Perocchio, direttore d’esercizio. La decisione alle 23:15 di sabato sera del gip Donatella Banci Bonamici che smonta, momentaneamente, le indagini del Procuratore di Verbania Olimpia Bossi. Solo il capo servizio della funivia proseguirà dunque la detenzione a casa. La strage una settimana fa, intorno a mezzogiorno: 14 vittime, un bambino di 5 anni in gravi condizioni ma non in pericolo di vita in ospedale.
I tre erano stati fermati mercoledì scorso per l’incidente. Le accuse: concorso in omicidio colposo plurimo, lesioni colpose gravissime, falso in atto pubblico e rimozione dolosa di sistemi di sicurezza. È stata accertata la scelta disastrosa di aver applicato i forchettoni che bloccano i freni d’emergenza. I divaricatori sarebbero stati applicati perché il sistema rilevava un problema alla centralina dell’impianto frenante che non faceva partire la funivia. Le anomalie, secondo le parole in interrogatorio di Tadini, si verificavano da ottobre 2020, da prima della chiusura per pandemia da covid. Ancora da chiarire il perché la fune traente si sia spezzata, provocando lo scivolamento, lo scontro contro il pilone e la rovinosa caduta della cabina.
Gli interrogatori nel carcere di Verbania. Il gip non ha ritenuto sufficienti gli elementi per la continuazione della detenzione. Non sono state ritenute credibili le dichiarazioni di Tadini. Per il magistrato Bossi – per i quali la ragione del mancato fermo dell’impianto era evitare di perdere gli incassi – sono stati invece ritenuti credibili Nerini e Perocchio che “hanno scaricato tutta la responsabilità su Tadini”. Il gip ha scritto infatti nell’ordinanza dei domiciliari che “appare evidente il contenuto fortemente accusatorio nei confronti del Tadini” dalle dichiarazioni dei dipendenti della funivia che “concordemente hanno dichiarato che la decisione di mantenere i forchettoni era stata sua, mentre nessuno ha parlato del gestore o del direttore di servizio”. Le dichiarazioni “smentiscono” per il giudice la “chiamata in correità di Tadini”.
L’udienza è stata un tutti contro tutti, come riporta Il Corriere della Sera: Nerini ha detto di non entrare nella sicurezza, accusando il direttore d’esercizio e il capo servizio; Perocchio ha dichiarato di non sapere dei forchettoni applicati dal capo servizio; Tadini ha ammesso di averli messi lui ma aggiungendo che era stata la società a volerli applicare per non interrompere il servizio. I divaricatori sarebbero stati installati il giorno dell’incidente, come precedentemente, per i problemi con la centralina dei freni.
Difeso dall’avvocato Marcello Perillo, Tadini ha negato relazioni tra i problemi ai freni e quelli alla fune. “Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse”, ha detto secondo quanto riferito dal difensore. “Professionalmente per me è una soddisfazione. Avevo chiesto soltanto i domiciliari perché la questione del blocco dei freni è sicuramente colpa sua”, ha detto l’avvocato. “Dio mi giudicherà”, le parole di Tadini, 63 anni, prossimo alla pensione dopo 36 anni di servizio.
“Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini”, ha detto al gip Enrico Perocchio, secondo quanto riferito dal suo legale, avvocato Andrea Da Prato. “Sono contento di tornare dalla mia famiglia, ma sono disperato per le quattordici vittime. L’errore è stato mettere i forchettoni per ovviare ad un problema che si sarebbe risolto. Se avessi saputo che erano stati messi non avrei avvallato la scelta, in carcere stavo male per le persone mancate e per la mia famiglia”. Nessuna traccia della comunicazione che avrebbe fatto Tadini a Perocchio sui forchettoni, dice la difesa.
Soddisfatto il difensore di Nerini, Pasquale Pantano: “Con la liberazione del mio assistito è stata fatta giustizia, ma non bisogna gioire perché sono ancora da trovare i responsabili”. Secondo l’accusa Nerini aveva un ruolo operativo e quindi sapeva dei freni. La difesa replica che a poter fermare l’impianto sono il direttore del servizio e il capo servizio, cui è demandata la sicurezza.
La Regione Piemonte tramite decreto del Presidente Alberto Cirio ha indetto per oggi la Giornata di Lutto per le vittime della strage. Il governatore ha invitato la popolazione a osservare un minuto di silenzio alle 12:00 e gli enti pubblici a unirsi nella manifestazione di cordoglio. “Nulla può lenire il dolore, ma sentiamo il bisogno di ricordare in un modo solenne coloro che hanno perso la vita in questa follia. Il Piemonte non smetterà mai di stringersi alle loro famiglie e al piccolo Eitan”, ha dichiarato il sindaco.
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