Ed è ancora una volta il contenuto degli smatphone – come avviene anche nell’indagine per lo stupro di Palermo – il fulcro attorno al quale stanno lavorando gli investigatori sul caso della violenza di gruppo su due minorenni, avvenuta a Caivano, nell’hinterland napoletano, nel quartiere Parco Verde.

Non sono solo i cellulari del branco ad essere finiti nel mirino degli inquirenti: anche gli smartphone della madre di una delle due bambine – hanno appena 12 e 11 anni – e di una delle vittime sono stati sequestrati.

La decisione di mettere sotto sequestro ed acquisire i contenuti di queste ultime due – madre e vittima –  si legge nel decreto di convalida del sequestro probatorio chiesto e ottenuto dalla Procura di Napoli Nord: “per analizzarne il contenuto”, con l’intenzione “di ricostruire la rete di relazioni tra i due indagati, le vittime, ulteriori soggetti a loro collegati”.

Nel gruppo di sei persone al centro dell’indagine, almeno due sarebbero sotto inchiesta per violenza sessuale. Fra questi ultimi, uno è maggiorenne e un altro presumibilmente di un’età che lo rende responsabile penalmente dei suoi atti (quindi certamente non è minore di 14 anni). L’ipotesi in campo è che fra loro ci sia stato uno scambio di file e messaggi.

Ma non finisce qui. Le due cuginette sarebbero state non solo abusate per mesi, ma sottoposte a ricatti, proprio utilizzando quei file. Le intimidazioni  sarebbero arrivate sul telefono di una di loro: ma gli inquirenti mantengono il massimo riserbo.

L’avvocato Carla Niola assiste la famiglia di una delle due cuginette e, sul caso, ha spiegato: “Rivivere il dolore e la paura del trauma a causa della pressione mediatica potrebbe compromettere nelle vittime la corretta rievocazione dei fatti vissuti: è l’effetto della vittimizzazione secondaria“.

La vicenda, pare, fosse nota a tanti, nel quartiere che vive un pesante degrado. E c’è chi ora dice: “Tutti sapevano quello che accadeva“. Eppure ora nessuno parla: l’ordine del silenzio sarebbe arrivato dai boss di quartiere, due dei quali padri dei ragazzi implicati nell’inchiesta, a fronte di minacce per chi viola le indicazioni dei capi delle piazze di spaccio. Silenzio e omertà: Parco Verde in queste ore si è ammutolito.

Don Patriciello, intanto, in qualità di parroco della chiesa del Parco Verde, ha scritto alla Premier Meloni e ha dedicato la sua omelia alla terribile vicenda che ha colpito le due cuginette: “Nessuno può lavarsi le mani e dire: io non c’entro”. Poi don Maurizio ha aggiunto: “Ho scritto alla premier Giorgia Meloni invitandola qui da noi. Siamo pronti ad accoglierla — ha concluso — non bisogna lasciare soli i bambini di questo quartiere”.

Redazione

Autore