“L’avvocato Pittelli era ammanicato con i giudici”, disse il “pentito” Guastalegname, cui lo aveva riferito un certo Colace e poi anche un altro di nome Barba. Un bell’ambientino, questo del neo-collaboratore di giustizia, il quale non c’entra niente con la ‘ndrangheta, ma molto con affari di droga, con una condanna già scontata. Ma poi anche arrestato e condannato in appello a 30 anni di carcere per l’omicidio di un tabaccaio a Asti, città dove da Vibo Valentia si era trasferito nel 1999. Un detenuto “comune” che pensa bene all’improvviso di convocare un pm della Dda e di offrire il boccone grosso, il nome dell’avvocato Pittelli.

Il vestito viene cucito addosso in questo modo: il pm della Dda presieduta da Nicola Gratteri, Antonio De Bernardo, va al carcere di Rebibbia a incontrare l’aspirante ”pentito” Guastalegname. Il quale ovviamente non ha niente da dire su Pittelli, che non conosce, che non è (e neppure viene accusato di essere) uno spacciatore e men che meno un complice in omicidi di tabaccai in terra piemontese. Ma è uno amico dei giudici, dice il neo “pentito”. Perché glielo ha riferito un tizio, e poi anche un altro. E così, ci riferisce il Fatto Quotidiano, “Guastalegname sta riempiendo pagine di verbali, per i quali adesso la Dda sta cercando i riscontri. Al momento il neo-pentito è ritenuto attendibile dai pm e le sue dichiarazioni sono state depositate nel processo Rinascita”. Perché stiamo citando la fonte giornalistica della notizia? Perché a cucire addosso il vestitino si fa così, come ha ben spiegato Luca Palamara nel Sistema, ma come avevamo già avuto occasione di verificare fin dai tempi dell’arresto di Enzo Tortora e dei “pentiti” che erano diventati diciannove.

Senza un legame stretto tra gli uffici delle procure e le caserme con la redazione di qualche giornale o il numero di cellulare anche di un solo cronista, il vestitino del colpevole non c’è. L’abito deve essere composto di vari strati, l’accusa iniziale cui si aggiungono di volta in volta nuovi “pentiti” e nuovi spunti, di reato o anche solo di sospetto. Come questo sulle presunte amicizie tra Giancarlo Pittelli e i giudici. Il che farebbe persino ridere, se non stessimo parlando di una persona detenuta in gravi condizioni di salute. Di una persona in ceppi, tra carcere e domiciliari, da due anni e mezzo senza prove. Un vero amico dei magistrati! Uno bravo a tirar fuori di galera gli altri ma non se stesso, evidentemente. Complimenti alla Dda, se è vero che al furbetto non mafioso dà talmente credito da riversare la sue deposizione negli atti di un processo per ‘ndrangheta. Adesso si che il signor Guastalegname ha trovato la stradina, tanto da dichiarare: “Ho intenzione di collaborare con la giustizia perché dopo la condanna per l’omicidio sono stato abbandonato da tutti. Avrebbero dovuto sistemarmi il processo ma sono stato lasciato solo”. Chissà se adesso ha trovato il modo di farsi aggiustare la sua condizione carceraria.

Sicuramente da “pentito” questo personaggio ora sta molto meglio di Giancarlo Pittelli. Il quale rischia, tra un vestitino e l’altro, di finire la sua vita da detenuto. Mens sana in corpore sano, dicevano gli antichi, perché stretta è la connessione tra il tuo equilibrio psicologico e i segnali che ti manda il corpo quando stai subendo uno stress violento che ti fa a pezzettini. Mi è scoppiata dentro la bomba atomica, soleva dire Enzo Tortora quando aveva scoperto di avere un tumore. Ma sono faccende che riguardano la vita e la morte degli individui e di cui in genere non si occupano i magistrati, abituati alle carte più che alle persone. Tutte “amiche” di Giancarlo Pittelli, le toghe. A partire dall’ “amico” procuratore Gratteri e dai suoi sostituti che, all’indomani del ritorno del detenuto al proprio domicilio, avevano già chiesto un aggravamento della modalità di esecuzione della misura cautelare, cioè il ritorno in carcere.

L’”amico” tribunale del riesame ha accolto la richiesta di Gratteri, su cui deciderà, tre giugno e luglio, la cassazione. Nel frattempo gli avvocati Contestabile e Stajano hanno presentato una corposa e ben documentata istanza di scarcerazione del loro assistito per mancanza di indizi. Ma gli “amici” del tribunale di Vibo Valentia il 14 aprile scorso l’hanno respinta con due paginette, in cui neppure si teneva conto delle ormai gravi condizioni di salute del detenuto. Che in questo momento ha sicuramente meno amicizie importanti del signor Guastalegname.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.