Giancarlo Pittelli deve tornare a essere un uomo libero, perché è innocente. Inoltre è un settantenne molto provato sul piano fisico e psicologico, come evidente dalla cartella clinica del carcere di Melfi, dove era stato lanciato un allarme sulle condizioni dell’avvocato, quando era detenuto. E la situazione non è certo migliorata, dopo che il tribunale del riesame ha accolto la richiesta della procura del dottor Gratteri di rispedirlo in prigione. Gli avvocati Giuseppe Stajano e Guido Contestabile sono partiti all’attacco. Lo hanno fatto nell’aula di Lamezia dove si sta celebrando il processo “Rinascita Scott”, in cui hanno annunciato di aver presentato un’istanza di revoca degli arresti, di qualunque forma di detenzione. Giancarlo Pittelli deve tornare a essere un uomo libero, è la sintesi della richiesta, perché è innocente e ve lo dimostriamo con prove, scrivono i due legali.
C’è una telefonata-chiave, nelle migliaia di atti che sempre accompagnano ogni imputato di questo tipo di processi, cioè quelli fondati soprattutto sui reati associativi. Una telefonata registrata che fa cadere la principale imputazione, cioè nella sostanza l’unica di cui deve rispondere l’avvocato Pittelli nel processo di Lametia. Un unico indizio, ha detto la Corte di Cassazione che, con la sentenza del 25 giugno del 2020, aveva spazzato via una serie di ipotesi un po’ fantasmagoriche della procura, come l’aiuto dato dall’avvocato a un ricovero ospedaliero per un bambino malato o una raccomandazione per un esame universitario o il darsi del “voi” tra legale e assistito. Piuttosto che intercettazioni della conversazione tra due interlocutori in cui uno indicava all’altro la casa di Pittelli. Il secondo diceva: “Mafioso?” e il primo: “No, avvocato”. Tutto ciò ha poca rilevanza, avevano scritto i giudici della Cassazione. E avevano concentrato l’attenzione su quello che consideravano l’unico supporto a un’imputazione come il “concorso esterno in associazione mafiosa”.
Cioè il sospetto che Giancarlo Pittelli avesse fatto avere al suo assistito Luigi Mancuso i verbali di interrogatorio del “pentito” che lo accusava, Andrea Mantella, un boss di rilievo della criminalità organizzata nella zona di Vibo Valentia. O comunque avrebbe rivelato i contenuti di interrogatori coperti dal segreto investigativo. Gli avvocati Stajano e Contestabile, prima di presentare l’istanza al tribunale, hanno svolto un lavoro molto accurato sulle carte, esaminando anche atti o intercettazioni che la stessa accusa aveva trascurato. E hanno anche trovato abbondante rassegna stampa a dimostrazione del fatto che, come sempre accade, i giornalisti ne sanno più degli avvocati e le indiscrezioni sui verbali dei “pentiti” da sempre riempiono le pagine dei giornali. Il che ha un po’ innervosito nell’aula di Lamezia il pm De Bernardo, il quale si è affrettato a sciorinare un elenco di nomi di nuovi “pentiti” che la procura intende far sentire nel corso del processo per verificare se hanno qualcosa da dire su Giancarlo Pittelli. Un po’ il solito sistema della pesca a strascico, per cui l’accusa si modifica in corso d’opera come un castello di sabbia che si ricostruisce ogni volta che, quando le prove si dimostrano inconsistenti, si sta sgretolando.
I “pentiti” vengono quindi chiamati a raccolta se le intercettazioni non sono più sufficienti per l’accusa? Prendiamo per esempio la conversazione del 12 settembre 2016 tra Pittelli e un altro suo assistito, in cui l’avvocato riferisce che il solito “pentito” Mantella avrebbe scritto una lettera alla madre e avrebbe accusato il proprio fratello. La notizia della lettera era stata già pubblicata dal “Quotidiano del sud” e diffusa da “Zoom 24” il 26 giugno, quindi ben tre mesi prima. E in luglio altri organi di stampa avevano scritto letteralmente la seguente notizia che riguardava Andrea Mantella: “Dopo essersi deciso nei mesi scorsi a collaborare con la giustizia, il quarantaquattrenne vibonese non risparmia nessuno, neanche i parenti più stretti”. Ci voleva tanta fantasia a immaginare una chiamata in correità del fratello piuttosto che del nonno?
Ma il vero colpo di teatro dei legali di Pittelli consiste nell’aver ripescato la carta fondamentale. La trascrizione di una conversazione del 31 ottobre 2016 (cioè successiva a quella imputata a Pittelli) tra due affiliati di nome Giamborino e Ceravolo, e che nel processo non è stata presa in nessuna considerazione benché contenesse la notizia chiave. I due affermano senza ombra di dubbio che le informazioni coperte da omissis “non le ha nessuno”. Nessuno, capito, dottor Gratteri? Capito, giudici del tribunale? Che cosa aspettate a rendere Giancarlo Pittelli, innocente secondo le prove, un uomo libero?
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