La decisione del Riesame
Giancarlo Pittelli deve tornare in carcere, calvario infinito per l’avvocato accusato da Gratteri
Giancarlo Pittelli deve tornare in carcere. L’avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia, a processo nell’ambito dell’inchiesta Rinascita Scott con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, deve lasciare gli arresti domiciliari e tornare dentro una cella.
Lo ha deciso il tribunale del Riesame di Catanzaro accogliendo l’appello presentato dalla locale Direzione distrettuale antimafia firmato da ben quattro pm, tra cui il capo della procura di Catanzaro Nicola Gratteri.
Una decisione, quella del Riesame, che però non è immediatamente esecutiva in attesa di una decisione nel merito anche della Corte di Cassazione.
La Sezione riesame, presieduta da Filippo Aragona, ha definito la decisione del Tribunale di Vibo Valentia con la quale erano stati concessi i domiciliari a Pittelli “affetta da vizi di logicità, ragionevolezza e coerenza argomentativa“, con l’aggiunta che il provvedimento era stato adottato “senza nemmeno attendere il termine di due giorni perché l’ufficio del Pubblico ministero esprimesse il suo parere“.
La colpa di Pittelli? Quella di aver scritto una lettera al ministro per il Sud e la coesione territoriale Mara Carfagna, trasgredendo così all’obbligo di non avere contatti con l’esterno tranne le persone con le quali abita, oltre ad essere apparso su uno speciale di Italia1 mentre era in regime degli arresti domiciliari.
Per l’avvocato potrebbe dunque ricominciare a breve un nuovo calvario: Pittelli negli ultimi due anni e mezzo è stato prima recluso carcere speciale di Badu ‘e Carros, in Sardegna, poi a casa, poi ancora in un istituto di massima sicurezza a Melfi, in Basilicata, fino a uno sciopero della fame estremo che lo ha infine rimandato a casa.
Le accuse del ‘Comitato Pittelli’
Un verdetto, quello del Riesame, fortemente criticato dal “Comitato promotore dell’appello per Giancarlo Pittelli”. Il gruppo, presieduto da Enrico Seta, nelle ultime settimane, aveva raccolto oltre 2.500 firme in favore dell’ex senatore di Forza Italia, tra cui quelle di 29 parlamentari in carica.
“In primo luogo – spiega il Comitato nella nota – la ferocia di una macchina giudiziaria, guidata dalle iniziative della Dda, che sembra avere smarrito ogni buon senso ed equilibrio. L’imputato ha quasi 70 anni, è in condizioni di salute precarie e viene sbattuto senza pietà da 28 mesi da un supercarcere all’altro. La seconda cosa rilevante è la mancanza di equilibrio nei rapporti fra accusa e difesa che ormai si respira nei Distretti giudiziari calabresi e che ha suscitato ripetute prese di posizione collettive degli avvocati penalisti. La celerità con cui, inoltre, è stata fissata l’udienza sull’appello proposto dalla Dda è stata oggetto di una richiesta formale e pubblica di spiegazioni da parte della Camera penale di Catanzaro, a cui gli organi giudiziari interpellati, per quanto si sappia, non si sono ancora degnati di rispondere“.
“Ma l’elemento più inquietante di tutti – si sostiene ancora nella nota – è il terzo: la ferocia persecutoria nei confronti di Giancarlo Pittelli risalta in modo inquietante su uno sfondo processuale fatto di ‘indizi’ quanto mai labili di un reato, già di per sé, sfuggente: il famoso, o famigerato, ‘concorso esterno”. Sembra ormai che la persecuzione, fino al rischio di annientamento della persona fisica dell’imputato, rappresenti l’unico strumento in mano alla pubblica accusa per drammatizzare e ‘tenere in piedi’ un processo e un’imputazione che rischiano di franare sulla loro stessa fumosità. Lascia molto delusi e perplessi che, in questo caso, anche l’organo giudicante abbia assecondato una linea irragionevole ed una grave confusione fra rigore e ferocia“.
Il caso Pittelli alla Camera
Nei giorni scorsi alla Camera, il deputato di Italia Viva Roberto Giachetti in un intervento aveva denunciato che la DDA di Catanzaro nel presentare ricorso aveva allegato nel deposito degli atti al tribunale della Libertà “alcune interrogazioni parlamentari”.
“Interrogazioni che sono tutte dentro l’attività parlamentare e che sono figlie di quello che facciamo da una vita in quanto stabilito dalla Legge che prevede che i parlamentari possano fare le ispezioni in carcere per verificare le condizioni dei detenuti. L’articolo 68 della Costituzione difende la libertà dei parlamentari. Stiamo parlando di una persona non condannata. La domanda è: perché viene messa agli atti una precipua, specifica e anche dovuta attività di un parlamentare? Sono stati messi dentro anche articoli di giornale fatti da Il Riformista, uno dei pochi giornali che rispetto alla giustizia e alla magistratura ha una posizione di un certo tipo”, aveva spiegato in Aula Giachetti, evocando il dubbio che dietro il comportamento della DDA vi fosse “una forma di intimidazione” o “un tentativo di gettare ombra su un’attività parlamentare inserendola in un contesto come quello del processo a Pittelli”.
(in aggiornamento)
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