Dopo l’articolo sul Riformista che per la prima volta rendeva pubblico il contenuto del verbale riguardante l’audizione della signora Maria Falcone al Csm nel 1992, è intervenuto Giuseppe Ciminnisi, il coordinatore nazionale dei familiari delle vittime di mafia dell’Associazione I Cittadini contro le mafie e la corruzione per chiedere non solo che la procura di Caltanissetta acquisisca tutti i verbali, visto che potrebbero contenere elementi utili per l’indagine sulla strage di via D’Amelio, ma che si trasferisca anche il processo trattativa Stato-Mafia per competenza territoriale. Il motivo è presto detto. Nei verbali ci sono testimonianze di estrema importanza da parte degli stessi magistrati che hanno imbastito il processo trattativa.

Ma ritorniamo all’appello di Ciminnisi. «Si tratta – spiega il coordinatore dell’associazione – di verbali di recente acquisiti dal procuratore generale Roberto Scarpinato, dopo che alcuni di questi verbali erano stati già depositati dagli avvocati Basilio Milio e Francesco Romito, difensori legali degli ex Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno». Ricordiamo che la sorella di Falcone ha reso dichiarazioni in merito a quanto appreso dal fratello prima che questi venisse ucciso, relativamente ai problemi che il giudice aveva con l’allora Procuratore Giammanco, tanto da essere costretto a lasciare la Procura. Emerge che Maria Falcone ne voleva subito parlare alla autorità, ma Paolo Borsellino le aveva suggerito di avere calma e aspettare il momento opportuno per parlarne, poiché era molto vicino a “scoprire delle cose tremende”.

«Le “cose tremende” – chiede Ciminnisi – che stava per scoprire Borsellino, erano relative ad aspetti che riguardavano l’allora Procura di Palermo? Considerata questa ipotesi – che appare tutt’altro che peregrina – e considerata la possibilità che magistrati dell’allora Procura possano essere sentiti come testi, mi trovo a chiedere se non si ritenga opportuno, se non doveroso, trasferire gli atti a Caltanissetta in quanto sede competente per indagini che possono riguardare i magistrati di Palermo». Il portavoce dell’associazione dei familiari delle vittime di mafia, aggiunge: «Peraltro, in considerazione del fatto che la cosiddetta “Trattativa Stato-mafia”, a parere dei magistrati di Palermo che se ne occupano, avrebbe accelerato l’uccisione del giudice Borsellino, mi chiedo anche come mai avendola collegata in qualche modo alla strage di via D’Amelio, gli atti non siano stati trasmessi già a suo tempo a Caltanissetta, sede deputata a condurre le indagini».

Ciminnisi conclude: «Una scelta oggi più che mai necessaria, a seguito delle motivazioni della sentenza di secondo grado del Borsellino Quater, che induce ad approfondire quali furono le cause che portarono alla strage di Via D’Amelio, individuando nell’indagine mafia-appalti una delle importanti concause che indussero “cosa nostra” ad accelerare i tempi dell’uccisione di Borsellino, forse troppo vicino a scoprire delle “cose tremende”».