Le mosse della premier
Trattative sul commissario Ue ancora al palo, Meloni gioca di strategia ma c’è il rebus mini-rimpasto per chi prende il posto di Fitto
Fitto resta il favorito per Bruxelles, ma la premier gioca di strategia e aspetta prima di giocare il suo asso. Colmare il vuoto lasciato dal ministro è complicato
Il nome resta il solito. Soprattutto dopo la benedizione urbi et orbi di Matteo Salvini, colto da una congiunzione astrale positiva in masseria. Raffaele Fitto è il candidato giusto, nel caso in cui Giorgia Meloni riesca a riemergere in serie A uscendo dal recinto sovranista in cui si è auto reclusa. Le sensazioni sono positive dentro Fratelli d’Italia: la partita si può giocare, a Ursula von der Leyen non conviene rispondere allo sgarbo subìto con il voto contrario dei conservatori al Parlamento europeo. Il contrario di ciò che pensano o sperano i dem, dice infatti Piero De Luca: “Il governo continua a essere isolato e fuori dai giochi nella partita per un portafoglio di peso nella prossima Commissione europea”.
Le aspettative restano invece quelle di sempre, una delega economica rilevante, con dentro anche un pezzo di Coesione. Più difficile la vicepresidenza esecutiva (non si sa ancora neanche quante ne saranno istituite), ma sperare da Ceglie Messapica non costa nulla. La candidatura italiana non è ancora partita alla volta di Bruxelles, nonostante le indicazioni di un gran numero di Stati membri siano già state protocollate. Un ritardo che si spiega con la cautela di Giorgia Meloni: prima di mettere sul tavolo il suo asso, vuole essere rassicurata sul quadro di insieme. Così sui taccuini dei cronisti resistono le opzioni che portano a Roberto Cingolani, a Elisabetta Belloni e pure a Luca Zaia, dato in corsa praticamente per ogni incarico. Sarà il ministro pugliese a trasferirsi in Europa; solo nel caso di un organigramma ritenuto insoddisfacente potrebbero salire le quotazioni dell’ad di Leonardo. Una decisione che sarà validata dal vertice convocato a Palazzo Chigi per il 30 agosto, l’occasione giusta anche per fare il punto sull’eventuale sostituzione di Fitto.
La presidente del Consiglio ha messo le cose in chiaro per tempo: è da escludere un rimpastino. Non resterà che valutare l’assegnazione della corposa delega di Fitto (Pnrr, Affari europei, Sud, Politiche di Coesione) verso un solo indirizzo, o con più destinatari pronti ad accrescere il proprio portafoglio. L’ipotesi di scuola in Via della Scrofa porterebbe all’oberatissimo sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, uomo d’ordine di provata esperienza. Un suo eventuale trasloco rischierebbe però di creare una voragine proprio alla fondamentale macchina di Palazzo Chigi. In alternativa – spinta soprattutto dai partner – si fa strada quella che viene definita la soluzione logica: l’assegnazione del Pnrr al ministro dell’Economia Giorgetti e la promozione di un sottosegretario a ministro degli Affari europei.
Una volta tanto poi non è l’uomo di via Bellerio a essere sotto la lente di osservazione, piuttosto il mite Antonio Tajani. Dopo la cura forzosa dei fratelli Berlusconi, Forza Italia sembra irriconoscibile. A irritare non sono solo i provvedimenti evocati (ius scholae e affollamento carceri), ma anche le allusioni che contengono. Antonio si è messo in testa di strizzare l’occhio a Elly? È il ritorno della vetusta politica dei due forni, si chiedono preoccupati i capigruppo di Lega e Fratelli d’Italia? La strategia adottata finora è quella di evitare risposte a muso duro, molto meglio rifarsi al Conte zio: “Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire”. Con il tempo si capirà cosa vogliono fare gli eredi di Silvio.
La maggioranza dovrà fare i conti anche con le prime valutazioni sulla legge finanziaria, in preparazione una manovra che si aggirerebbe intorno ai 23 miliardi, fanno sapere da Via XX settembre. Due gli obiettivi principali: la conferma del taglio del cuneo e la riduzione delle aliquote Irpef (cavallo di battaglia della premier). Anche Matteo Salvini ha già fatto le sue richieste: l’aumento della flat tax al 15% per le partite Iva, in pratica dagli attuali 85mila euro a 100mila, e una Quota 41 per le pensioni. Tra un mese il governo, per la prima volta, dovrà anche presentare il Piano Strutturale di Bilancio (PSB) di medio termine. Un documento impegnativo, valido per i prossimi cinque anni, che vincolerà spesa pubblica e riforme strutturali. Un impegno da non sottovalutare. “Alla ripresa, pronti al bombardamento mediatico da PSB, questa nuova sigla che impareremo a conoscere”, avverte il deputato di Italia Viva Luigi Marattin.
Insomma, per il rientro un programma da far tremare le gambe. Chissà che per le ultime ore in masseria la famiglia Meloni non si affidi all’antica saggezza campana: “Io speriamo che me la cavo”.
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