Scattano tregua tra Israele e le bestie di Hamas e attesa per il rilascio dei primi ostaggi ancora oggi nelle mani dei terroristi, dopo la mattanza con cui i barbari consumarono uno scempio da cui nasce un isolamento che, politicamente sostenuto da un’intelligentissima Arabia Saudita, decreterà -si spera e si crede- la fine di Hamas, che solo qualche idiota cresciuto e pasciuto tra le comodità che gli garantiamo qui può pensare, equivocando del tutto, rappresenti la causa palestinese che in realtà danneggia irrimediabilmente.

Prima di ululare cavolate terzomondiste figlie di un pregiudizio poco confessabile e utili solo a chi vuole arricchirsi uccidendo persone e progetti di pace, bisogna mettersi nei panni dei diretti interessati. Chiedersi se possano fare di più e meglio di quanto non facciano. Parliamo di persone che hanno le stigmate di una vita che ha attraversato il momento più basso, l’abisso più infimo e criminale della storia, cioè l’Olocausto?

Maayan Kaplun Keidar, figlia di uno degli ostaggi israeliani ricevuta ieri dal Papa, ricorda in una bella intervista rilasciata ad Aldo Torchiaro che trovate all’interno del giornale di oggi, che è arrivata in Israele nel 1948 “per metterci al sicuro dopo la Shoah. La mamma di mio padre, mia nonna, veniva dalla Polonia e dopo il rastrellamento del Ghetto di Varsavia era stata internata ad Auschwitz, e mio nonno era sfuggito ai pogrom al confine tra Romania e Ucraina”… Incarna il fatto che Israele non solo è la terra della promessa mondiale di incolumità fatta a un popolo uscito martoriato dalla prima metà del 900; è la garanzia che nessuno avrebbe potuto infrangerla, quella promessa, per fare loro del male, dopo che nessuno come loro ha mai sofferto tanta umiliazione, mortificazione e morte. Eccolo lo stato d’animo di un popolo che pensa che quello che non erano riusciti a fargli Hitler e Stalin glielo ha fatto Hamas.

Ecco il suo appello a far mancare sostegno ideale, qui in Occidente, ad Hamas, di cui si fraintende il ruolo. Perché la trattativa sul rilascio degli ostaggi sarà un mix di pressione militare e d’opinione. Per questo siamo importanti tutti, in questo frangente. Anche e soprattutto Papa Francesco, che ieri ha ricevuto diversi parenti degli ostaggi. Da cattolico, chiedo al Santo Padre di dire parole assai più chiare e decise sulla questione.

Non voglio che l’appello contro le bestie di Hamas sia lasciato solo a qualche figlio coraggioso di Israele che avverte, più lucidamente di molti di noi, che nel mirino dei terroristi islamici non ci sono solo gli ebrei, ma tutti noi. La Chiesa ha sempre fatto molto per rendere (anche) la nostra parte di mondo migliore, progredita e più umana e tollerante possibile. Sia con noi a difendere la libertà, inclusa quella di pregare il Dio che si vuole, che una sciatta alleanza dalla scarsa cifra etica tra antisemitismo islamista e ingenuo terzomondismo pauperista vuole mettere a repentaglio