Si avvicina un accordo sugli ostaggi tra Israele e Hamas. A riportarlo è il Washington Post, secondo cui i le due parti starebbero negoziando sulla base di una pausa di cinque giorni nei combattimenti a Gaza, in cambio della liberazione di decine di ostaggi tenuti da Hamas. L’accordo sarebbe mediato proprio dagli Stati Uniti.

L’accordo sugli ostaggi

Il Washington Post parla di un documento di sei pagine, in cui è previsto il congelamento delle operazioni militari per almeno cinque giorni. Mentre i primi 50 ostaggi, verrebbero rilasciati in piccoli gruppi ogni 24 ore. Non è certo il numero complessivo dei prigionieri coinvolti nell’intesa, in totale – quelli ritenuti nelle mani dei terroristi di Hamas – sarebbero 239.

Intanto, la tregua nel conflitto comporterebbe anche un aumento del flusso di aiuti umanitari – tra cui anche il carburante – in direzione della Striscia di Gaza dal confine con l’Egitto.

Il commento della Casa Bianca

Lo stesso Wp riporta anche il commento fatto dalla Casa Bianca. La portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Adrienne Watson, ha scritto: “Non c’è ancora alcun accordo, ma continuiamo a lavorare duro per ottenerlo”. Un anonimo funzionario della Casa Bianca, invece, ha commentato al giornale statunitense: “Abbiamo fatto alcuni progressi recentemente e abbiamo lavorato duramente per portare avanti questo obiettivo, ma la situazione rimane instabile”.

Il ruolo degli Usa sull’accordo degli ostaggi

Se l’accordo si avvicina, è merito del lavoro diplomatico degli Stati Uniti e in particolare del segretario di Stato Antony Blinken. L’intesa è stata discussa nelle sue linee generali nelle ultime settimane di colloqui, tenutisi in Qatar, a Doha. Lì sono confluiti i rappresentanti di Israele, Usa e di Hamas, quest’ultimi “indirettamente rappresentati dai mediatori del Qatarscrive il Wp.

L’amministrazione di Joe Biden, consapevole della posta in palio e della necessità di avere un successo in politica estera in vista delle prossime elezioni, ha iniziato a sostenere in maniera sempre più forte l’ipotesi di una pausa almeno temporanea nei combattimenti. Il presidente Biden si è recato a Tel Aviv una settimana dopo l’inizio del conflitto, mentre i viaggi di Blinken nella regione sono stati frequenti. Washington ha così pressato il governo di Benjamin Netanyahu, cercando di fargli capire “che sta perdendo il vantaggio narrativo, perché sempre più palestinesi muoiono” sotto i bombardamenti israeliani, dice il Wp.

Anche l’amministrazione Usa si deve muovere tra i sostenitori di un appoggio totale a Israele e quelli che sono preoccupati dalla crisi umanitaria a Gaza. Inoltre l’occhio di Biden è anche diretto verso le condizioni degli ostaggi americani. Sarebbero nove con passaporto statunitense e uno proprio residente negli Usa.

La posizione di Israele e Netanyahu

Intanto, le pressioni su Netanyahu aumentano. Ieri il premier israeliano ha spiegato in conferenza stampa la situazione e gli sviluppi del conflitto. “Ci sono voci infondate: fino ad ora nessun accordo è stato raggiunto sugli ostaggi, ma quando ci sarà lo diremo subito” ha dichiarato Netanyahu.

Anche in Israele, dove ieri a Gerusalemme è culminata la protesta contro il governo di migliaia di persone che chiedono la liberazione degli ostaggi, l’opinione pubblica è divisa tra chi ritiene debbano essere portati a casa tutti gli ostaggi a prescindere dalle condizioni del loro rilascio e chi vuole un approccio più inflessibile. Venerdì, il capo del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano Tzachi Hanegbi ha dichiarato che un cessate il fuoco limitato sarebbe possibile solo a seguito di “un rilascio massiccio dei nostri ostaggi… e sarà limitato e breve, perché dopo ciò continueremo a lavorare per raggiungere i nostri obiettivi di guerra”.

Ieri sera, sempre Netanyahu era stato chiaro. L’obiettivo di Israele è che Gaza in futuro non possa più rappresentare una minaccia. Per questo ha ventilato l’ipotesi che le Israel Defence Forces possano mantenere una sorta di libertà di manovra all’interno della Striscia.