Tra le novità che spuntano all’interno del disegno di legge delega contenente la riforma del processo civile vi è una importante novità contenuta in un emendamento allo stesso ddl a firma congiunta di Fiammetta Modena (Forza Italia), Anna Rossomando (Partito democratico) e Julia Unterberger (Südtiroler Volkspartei). L’intenzione, condivisa da esponenti di varie ideologie politiche, è quella di istituire il Tribunale per persone, minorenni e famiglie al quale verranno affidate le competenze civili, penali e di sorveglianza ora attribuite al Tribunale per i minorenni, nonché tutte le materie riguardanti famiglia, separazioni o divorzio.

Ciò dovrebbe consentire di centrare due obiettivi: accelerare i tempi della decisione in una materia particolarmente delicata e accorpare in un unico Tribunale specializzato competenze oggi fra loro frastagliate perché affidata a diverse sensibilità. Un obiettivo davvero ambizioso davanti al quale non si può che plaudere. Ma è tutto oro quello che luccica sotto i riflettori di questa riforma? E nel territorio campano? Quali riflessi? Prima di dare una risposta al nostro interrogativo vi è da chiedersi se una organizzazione così concepita possa solo rispondere a criteri di rapidità ed efficacia davanti a una materia che implica la decisione che verte su diritti indisponibili, prima fra tutti quello dei minori e relativi a fattispecie di violenza e disagi ambientali. Il Tribunale così costituito, infatti, avrebbe il vantaggio di sottolineare l’esigenza di una specializzazione che tradisce l’idea di far emergere quella particolare sensibilità in una materia come quella della persona (si pensi ai compiti affidati al giudice tutelare e non solo), alla famiglia e a minori, anche con riferimento alle idee che stanno alla base della Convenzione di Istanbul.

Ecco in sintesi la proposta: vi saranno sezioni distrettuali dei Tribunale istituite presso ciascuna Corte d’Appello (o sezione di Corte d’Appello e quindi, nel caso della Campania, il Tribunale distrettuale sarà a Napoli), e una serie di sezioni circondariali, presso ogni sede di Tribunale ordinario, con diverse competenze. E infatti alle sezioni distrettuali saranno affidate le competenze civili, penali e di sorveglianza del Tribunale per i minorenni, mentre alle sezioni circondariali toccheranno le competenze civili attribuite al Tribunale ordinario in materia di stato e la capacità delle persone e tutti i procedimenti di competenza del giudice tutelare, nonché i procedimenti sul risarcimento del danno endofamiliare.

Viene però fissata una fase transitoria fino al 31 dicembre 2024 con una piena operatività del Tribunale nel 2025. Sarà questo tempo necessario a organizzare la struttura del nuovo Tribunale ma, nello stesso tempo, non si può attendere per far fronte alle problematiche da affidarsi alle nuove sezioni distrettuali e circondariali. Alludo, in particolare, alla tutela dei diritti dei minori che rischia di essere affiancata a questioni (pur sempre importanti) che però non sono equivalenti alla tutela della fascia più debole della società, che non può subire alcun pregiudizio che inciderebbe irrimediabilmente sulla crescita psico-fisica del minore. E allora, se da una parte questa idea di accorpamento può in qualche modo far immaginare una svolta positiva, ci si deve interrogare sulle modalità esecutive di tale scelta che devono essere preganti e consapevoli per evitare che resti solo una risposta alle esigenze europee di specializzazione e rapidità.

Non ho mai condiviso l’idea una giustizia a due livelli, Nord-Sud, ma il rischio di questa riforma non può non mettere in allarme i Tribunali di regioni del Sud, come la Campania, che potrebbero realizzare una riposta celere a fronte di servizi sociali, consultori e altri attori che allo stesso tempo non possono non essere riorganizzati in questa stessa ottica. È una materia, questa, della quale in passato mi sono occupato e che ogni volta genera speranze e conflitti, “strisciando” fortemente sull’anima delle persone. Serve un’ampia consapevolezza della necessaria convergenza di tutte le sensibilità che sono coinvolte in questa materia, il che impone formazione congiunta e confronto quotidiano. Se così sarà, allora la specializzazione unitaria in questa materia darà una risposta civile a situazioni sociali di indubbia emergenza. È una scommessa da vincere, ma restano tanti gli interrogativi ai quali va data una risposta fin da subito, non al 2025.