La commissione per la riforma del processo civile, presieduta dal Prof. Luiso e voluta dalla Ministra della Giustizia Marta Cartabia, ha allo studio una serie di emendamenti da presentare al disegno di legge delega sul processo civile (atto Senato 1662). L’obiettivo della riforma, in armonia con le indicazioni contenute nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è quella di abbreviare i tempi della giustizia civile assicurando decisioni da parte dell’Autorità Giudiziaria più rapide e quindi più incisive.

Secondo quanto è dato leggere nella relazione di accompagnamento, la riforma si rende necessaria in quanto la durata dei processi civili incide negativamente sulla visione esterna della qualità della giustizia confermando il diffuso adagio secondo cui una giustizia ritardata equivale ad una giustizia denegata. È altresì noto che una delle ragioni per cui le imprese estere sono restie ad investire nel nostro Paese sia proprio quella della eccessiva lentezza del procedimento civile, specie per quanto riguarda le procedure per il recupero dei crediti e quindi la fase dell’esecuzione forzata e del procedimento fallimentare. Si consideri che un recente studio ha valutato che una riduzione dei tempi da nove a cinque anni delle procedure fallimentari può produrre un aumento della produttività della nostra economia in ragione dell’ 1,6 per cento.

A differenza dei numerosi tentativi di riforma posti in essere dagli anni ‘90 in poi, a titolo esemplificativo si ricorda la L. n. 353/1990, (provvedimenti urgenti per il processo civile), a cui seguirono le modifiche contenute nella L. n. 374/1991, l’attuale progetto di riforma ha il merito di affrontare la materia secondo una visione completa ed organica, evitando l’errore in cui si è incorsi in passato di intervenire con mini riforme i cui rimedi spesso costituivano un peggioramento dei mali che si volevano curare. Il PNRR indica lo strumento della delega legislativa per l’attuazione della riforma che dovrà essere approvata dal Parlamento e poi attuata attraverso i decreti delegati.

I punti principali della riforma sono diversi, dal momento che le modifiche da apportare al disegno di legge riguardano anche il giudizio di appello, quello di cassazione, il processo di esecuzione, i procedimenti in camera di consiglio e il procedimento arbitrale. In questa sede giova richiamare il potenziamento dei sistemi alternativi delle liti, c.d. ADR (Alternative Dispute Resolution). Per quanto riguarda la mediazione, introdotta nel nostro ordinamento con il D.Lgs. N. 28/2010, la stessa viene estesa in via obbligatoria, previa conferma delle materie per le quali era già prevista, anche ai contratti di opera, di associazione in partecipazione, di somministrazione e per quanto attiene ai rapporti nelle società di persone, introducendo incentivi di carattere fiscale ed economico in favore delle parti che vi ricorrano con successo.

Sul punto si rileva l’opportunità che la c.d. mediazione obbligatoria venga invece sostituita con la mediazione delegata, cioè disposta dal Giudice, ogni qualvolta nella trattazione della causa si ravvisi l’opportunità di rinviare le parti ad un mediatore, valutando caso per caso la concreta possibilità di composizione della singola controversia. Si tratterebbe quindi di passare da un criterio di obbligatorietà ope legis ad una visione di obbligatorietà ope judicis. Così come, sempre in un’ottica di deflazione del contenzioso, assume rilievo portante la proposta di conciliazione formulata dal Giudice in qualunque stato della causa, con l’obbligo delle parti di assumere una precisa posizione che non potrà poi non avere conseguenze in ordine al riparto delle spese processuali.

Il progetto di riforma tende altresì a potenziare l’istituto della negoziazione assistita, con l’obbligatoria presenza degli avvocati, estendendola anche in materia di diritto di famiglia (separazioni consensuali, divorzi congiunti, rapporti all’interno delle famiglie di fatto). L’istituto della negoziazione assistita viene valorizzato, inoltre, prevedendo che gli accordi avvenuti costituiscano titolo idoneo per la trascrizione ed estendendo l’istituto alla crisi delle coppie di fatto, per i procedimenti di affidamento e mantenimento dei figli minori o di quelli maggiorenni non autosufficienti. Sotto il punto di vista procedurale la legge delega, in un’ottica di semplificazione, prevede un unico rito per i procedimenti a domanda congiunta di separazione dei coniugi, di divorzio e dei figli nati al di fuori del matrimonio.

Altro punto saliente è costituito dalla riesumazione dell’ufficio del processo (art. 12 Bis) che benchè previsto dalla Legge 11.8.2014, n. 114, non ha mai avuto una seria attuazione. L’obiettivo è evidente: si tratta di offrire un supporto al Giudice, attraverso la costituzione di un team di personale qualificato che si occupi della ricerca dei precedenti giurisprudenziali, una lettura preventiva delle carte processuali e un fattivo collegamento tra il Giudice e gli uffici di cancelleria. Ed ancora appare positivo il richiamo al calendario del processo, di cui all’ art. 81-bis delle disposizioni di attuazione del c.p.c., peraltro già oggetto di modifica con la L. 148/2011. Sul punto la Corte Costituzionale con ordinanza del 18.7.2013, n. 216, ha avuto modo di chiarire che il calendario del processo costituisce una diretta emanazione dell’art. 175 del c.p.c. che nell’affidare al GI la direzione della causa consente di determinare preventivamente la durata del processo secondo precise scansioni.

Una piena adesione all’idea che la trattazione delle cause avvenga in forma scritta, così trasformando quella che era una eccezione temporanea, dovuta alla emergenza sanitaria, in una regola ordinaria, salvo le ipotesi in cui una o entrambe le parti, ravvisino l’opportunità della trattazione orale e il Giudice reputi opportuna la richiesta.
A giudizio di chi scrive la trattazione scritta ha comportato dei risultati positivi, sia in termini meramente logistici, con la scomparsa delle lunghe file di legali avanti all’uscio del Giudicante, sia in termini di chiarezza processuale attribuendosi alle parti la facoltà, entro precisi termini, di dedurre e controdedurre in maniera sintetica e puntuale (vedasi art. 12 lettera g quinquies del provvedimento di delega).

Tutto ciò con l’ovvia considerazione che il processo civile deve rimanere processo di parte, connotato dalla disponibilità della materia e non può trovare preclusioni di censo. Ed ancora con la doverosa precisazione che una seria riforma del processo civile, volta ad una maggiore efficienza, non può passare solo attraverso interventi codicistici a costo zero ma deve comportare investimenti economici, che devono essere di lunga prospettiva e durata, e perciò oggetto di un lavoro il più possibile comune tra tutte le forze politiche, con il necessario ascolto di chi ogni giorno opera nei Tribunali. Investimenti economici volti all’introduzione nell’ordinamento di un maggior numero di magistrati, di personale amministrativo e di interventi di edilizia giudiziaria, ove necessaria.