La Cina non molla la Russia. E la Russia non vuole perdere la partnership con la Cina. Dopo che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha attivato tutti i suoi canali con il Cremlino, molti hanno visto in questa tattica del tycoon anche un obiettivo strategico: sganciare Mosca dall’orbita di Pechino. Un rapporto che prima della guerra in Ucraina si è cristallizzato nella cosiddetta “amicizia senza limiti”. E che molti strateghi occidentali guardano con apprensione, perché certifica un asse tra due potenze legate da rapporti commerciali, energetici, militari e tecnologici in grado di sfidare la Nato e i suoi alleati e inglobare altri partner, in particolare quelli del Sud del mondo.

Quell’alleanza, per molti esperti Usa ed europei, è un problema. Ma se per Mosca è diventata una necessità soprattutto dopo l’isolamento da parte dell’Occidente, per Pechino è altrettanto importante per almeno due ragioni. Non solo la Russia rifornisce la Cina di petrolio e gas a prezzi vantaggiosi, ma rappresenta anche una continua spina nel fianco per gli Stati Uniti oltre che un prezioso alleato militare in vari fronti caldi e che interessano la Repubblica popolare (in primis l’Africa). Elementi che spiegano perché né Putin né Xi Jinping possono fare a meno l’uno dell’altro. E la visita di ieri a Mosca del ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, è servita soprattutto a questo, al rafforzamento dei legami bilaterali.

“La cooperazione tra Russia e Cina non è mai rivolta contro terze parti e non è suscettibile di interferenze esterne”, ha dichiarato Wang Yi incontrando Putin. “La nostra amicizia non è opportunistica, ma costruita per durare”, ha proseguito il capo della diplomazia del gigante asiatico. “Vogliamo esprimere la nostra soddisfazione per come si stanno sviluppando le nostre relazioni”, ha affermato il presidente russo. E durante l’incontro con Wang, il capo del Cremlino ha confermato la visita di Xi nella capitale russa il 9 maggio. “Celebreremo insieme questo anniversario, sia la vittoria sulla Germania nazista, sia la vittoria sul Giappone militarista”, ha dichiarato Putin, e Xi “sarà il nostro ospite principale”.

Cortesie istituzionali (ma anche segnali politici a Europa, Ucraina e Giappone) che servono a far capire come l’asse tra i due Paesi non sia affatto in discussione. E questo vale anche, se non soprattutto, in un momento in cui i negoziati sull’Ucraina voluti da Trump appaiono sempre più complessi e difficili da decifrare. The Donald, dopo aver detto di essere “molto arrabbiato” con Putin per come si stava evolvendo la situazione, ieri ha di nuovo dato credito al presidente russo. “Penso che manterrà fede a quanto mi ha detto e credo che rispetterà la sua parte dell’accordo ora”, ha detto Trump in una nuova (e non certo inaspettata) inversione di tendenza. Ma da Mosca, il capo del Cremlino anche ieri è apparso poco propenso a cedere su alcuni punti.

Dopo che il viceministro degli Esteri russo, Sergey Ryabkov, in un’intervista alla rivista Life aveva detto che le proposte statunitensi venivano prese in considerazione in modo serio ma che erano al momento impossibili da accettare, ieri ha parlato anche il portavoce di Putin, Dmitry Peskov. E le parole della “voce” dello zar sono apparse come un’altra doccia fredda nei confronti della Casa Bianca. “Le questioni di cui stiamo discutendo in relazione alla regolazione della situazione in Ucraina sono molto complesse e richiedono molti sforzi aggiuntivi”, ha sottolineato Peskov, ma “continuiamo i nostri contatti con la parte americana”.

La trattativa appare dunque difficile, anche se qualcosa, sul fronte russo, inizia a muoversi. Putin ha convocato il Consiglio di sicurezza russo per discutere della possibile tregua degli attacchi agli impianti energetici. E il ministro degli Esteri, Sergey Lavrov, ha detto che il governo lavora per un nuovo incontro con i delegati americani e per rendere concreta la proposta sulla riattivazione delle rotte nel Mar Nero. E la Cina potrebbe provare a inserirsi di nuovo nella partita. “Sebbene la situazione sul campo di battaglia non sia affatto facile, si registra una tendenza verso trattative di pace”, ha detto Wang a Ria Novosti. “Va inoltre sottolineato che le cause della crisi sono estremamente complesse, che le parti in causa presentano ancora opinioni molto divergenti su numerose questioni chiave e che la strada per il ripristino della pace è ancora lontana”, ha avvertito il ministro, ma Pechino “è pronta a svolgere un ruolo costruttivo nella risoluzione”.