Una reazione stizzita da Kiev dopo l’annuncio del Comitato per il Nobel del Premio per la Pace andato, tra gli altri, al dissidente bielorusso Ales Bialiatski e all’associazione per i diritti umani russa Memorial. La scelta di Oslo di conferire il riconoscimento ad esponenti di due Paesi che, direttamente nel caso russo, o indirettamente nel caso di Minsk, hanno attaccato il Paese invaso dal febbraio scorso ha provocato reazioni scomposte da personaggi vicinissimi al presidente Volodymyr Zelensky.

L’attacco più duro e più sopra le righe arriva via Twitter da Mykhailo Podolyak, consigliere del capo dell’ufficio del presidente ucraino, che non usa mezzi termini: “Il Comitato per il Nobel ha una concezione interessante della parola ‘pace’ se rappresentanti di due Paesi che hanno attaccato un terzo ricevono il Premio Nobel insieme. Né organizzazioni russe né bielorusse sono state in grado di organizzare la resistenza alla guerra. Il Nobel di quest’anno è ‘fantastico‘”.

Parole che creano un caso politico e che si scontrano con una strana concezione della pace e della libertà a Kiev. Si guardi al caso di Ales Bialiatski, il dissidente bielorusso premiato col Nobel, che per le sue battaglie a favore dei diritti umani e contro la tirannia imposta al Paese dal presidente Alexander Lukashenko si trova in carcere dal 2020, ‘reo’ di aver partecipato a proteste di massa seguite alla vittoria alle elezioni di Lukashenko, il tutto senza aver subito ancora un processo.

Per il consigliere di Zelensky il 60enne Bialiatski, dal carcere, dovrebbe dunque “organizzare la resistenza alla guerra”. Ma lo stesso discorso vale anche per la Ong Memorial, fondata nel 1987 in Russia da Andrei Sacharov, già vincitore del premio Nobel per la Pace nel 1975: un attacco senza senso da parte di Kiev a chi da decenni si oppone al regime di Vladimir Putin e che proprio per questo nel 2014 fu aggiunta alla lista degli “agenti stranieri”, una formula che per la legge russa indica persone o organizzazioni che secondo il governo ricevono fondi dall’estero per svolgere attività antigovernativa.

Una reazione scomposta che nasconde forse il malcontento per la mancata assegnazione del Premio proprio al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che alla vigilia del conferimento del Nobel era nella lista dei grandi favoriti, potendo già godere dell’inserimento nella lista Time 100 del 2022 e del ‘traino’ da parte della totalità o quasi della stampa e governi del pianeta, come “eroe” della resistenza di Kiev di fronte all’invasore russo.

Ma da Kiev anche le reazioni al conferimento del Premio da parte del Comitato di Oslo sono state contrastanti. Andriy Yermak, capo di gabinetto della presidenza ucraina, ha sottolineato, in un messaggio su Telegram, che “il popolo ucraino oggi è il principale artefice della pace, nell’ambito della quale dobbiamo esistere senza aggressioni“.

Un ulteriore segnale della bontà della scelta di Oslo arriva poi da Minsk. Al Paese guidato dal dittatore Alexander Lukashenko di assegnare il Nobel per la Pace al dissidente Ales Bialiatski non è affatto piaciuta. “Negli ultimi anni diverse decisioni del comitato per il Nobel sono state così politicizzato che, scusate, ma Alfred Nobel si sta rivoltando nella tomba“, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri bielorusso, Anatoly Glaz.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia