Tra poche settimane, a Glasgow, partirà la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, Cop26. I leader di tutto il mondo sono chiamati a tracciare una tabella di marcia con l’obiettivo di azzerare le emissioni nette di carbonio a livello globale, entro il 2050. Ma dovranno fare i conti con il primo grande allarme energetico dell’era verde che si sta aprendo davanti ai loro occhi: da maggio il prezzo di un paniere di petrolio, carbone e gas è aumentato del 95%. La Gran Bretagna, ospite del vertice, ha riacceso le sue centrali elettriche a carbone, i prezzi della benzina americana hanno raggiunto i 3 dollari al gallone, i blackout hanno travolto Cina e India e Vladimir Putin ha appena ricordato all’Europa che la sua fornitura di carburante dipende dalla buona volontà della Russia.

“The energy shock” è il titolo dell’Economist di questa settimana con una fiammella del gas che campeggia in copertina, nella quale si intravede il celebre volto scarnificato ritratto ne L’urlo di Munch, ma dall’espressione ancora più spaventosa: a rappresentare l’ondata di panico indotta dal “grande shock energetico dell’era verde” che rischia di travolgere il mondo. Il panico è un segnale d’allerta: ci ricorda che la vita moderna ha bisogno di enormi quantità di energia, senza le quali, le bollette diventano insostenibili, le case non possono più essere riscaldate e le imprese chiudono. La certezza è una sola: senza riforme rapide ci saranno più crisi energetiche e, forse, una rivolta popolare contro le politiche climatiche. E l’Italia? L’Ocse stima un doppio rimbalzo dell’economia italiana quest’anno e il prossimo, rispettivamente del 5,9% e del 4,1% dopo il crollo dell’8,9%, nel 2020, legato agli effetti della pandemia. Ma il centro studi di Confindustria e la CGIA di Mestre concordano nel ritenere molto probabile un dimezzamento di questa crescita, se non si corre subito ai ripari: il che significa, incrementare il prima possibile l’offerta energetica. Paolo Pirani – segretario di UilTec, il sindacato che riunisce i lavoratori tessili, dell’energia e della chimica afferente alla Uil – è molto preoccupato.

«I prezzi del petrolio sono alti e in crescita ormai da molte settimane. La ragione sta nello squilibrio tra la domanda e l’offerta: la seconda non riesce a tenere il passo con la prima, che si è ripresa rapidamente dal calo dell’anno scorso, dovuto alla pandemia e ai minori consumi energetici». Per questa ragione, secondo Pirani, nella attuale fase di transizione energetica «un Green Deal troppo radicale nei tempi e nelle scelte dell’Europa potrebbe avere ricadute sulle imprese più energivore assai pesanti e di conseguenza impatti negativi sul lavoro». È chiaro che, nel lungo termine, dice, «i benefici del passaggio a fonti energetiche più pulite saranno in grado di evitare il disastro ambientale e potranno divenire la base per una economia e una sostenibilità di diversa e migliore qualità». Ma nel frattempo, «l’approvvigionamento del gas naturale deve necessariamente restare in campo, anziché uscire di scena perché le fonti rinnovabili, ancora, non riescono a garantire il fabbisogno di energia che la crescita della produzione industriale richiede».

Gli accordi internazionali degli ultimi anni «segnano un percorso ineluttabile», spiega ancora: «Si punta, correttamente, alla decarbonizzazione e alla conversione alla chimica verde accanto al riutilizzo di sostanze di scarto del processo produttivo, come pilastri essenziali della trasformazione industriale». Ma altrettanto fondamentali per le sorti del nostro Paese, spiega, sono «le scelte di politica industriale che devono essere assunte, oggi, nei settori interessati dalla transizione energetica e le azioni conseguenti utili a preparare le imprese italiane al futuro, favorendone competitività e sviluppo». È facile prevedere che la domanda globale di petrolio «aumenti almeno per i prossimi vent’anni» sostiene Pirani, e che «il greggio resterà la fonte di energia dominante del mix energetico – nonostante l’allarme per il cambiamento climatico – insieme alle fonti rinnovabili». Dunque, è fondamentale che «l’offerta della produzione petrolifera aumenti perché prezzi del petrolio troppo alti possono causare anche una crescita dell’inflazione e minacciare la ripresa economica».

Intanto, l’aumento in bolletta dei consumi elettrici e del gas è, rispettivamente, del 29,8% e del 14,4%: Questo dato accanto all’aumento dei prezzi dei carburanti rappresenta «un mix potente che si scarica sulle tasche dei lavoratori, oltre a danneggiare l’economia». E chiarisce: «Noi diciamo no a una transizione ad uso e consumo dei ricchi: crediamo fermamente nella necessità improrogabile di sostenere la transizione ma occorre farlo con scelte precise e risorse certe a supporto». Per questa ragione, dice, «ci attendiamo risposte migliorative dal Governo Draghi, rispetto a quelle definite dall’Esecutivo precedente». Come UilTec, aggiunge, «sentiamo la responsabilità di dover contribuire alla realizzazione di un sistema energetico sicuro e sostenibile, che determini investimenti in ricerca, ammodernamento e realizzazione di nuove infrastrutture di sistema e che favorisca condizioni di sviluppo occupazionale e di vantaggio economico per imprese e consumatori».

Mai come in questo momento, le risorse ci sono e sono importanti ma devono essere collegate a un preciso piano strategico che tenga conto di tutti gli elementi in campo: «Dove questo avviene, la produttività del lavoro aumenta e migliorano le condizioni di benessere della comunità». Secondo Pirani, «sarebbe il caso di creare una struttura, con tecnici assunti dall’amministrazione di governo, dedicata a progettare le opere infrastrutturali, materiali e immateriali, da realizzare con il coinvolgimento di aziende pubbliche e private». Insomma, c’è molto da fare per affrancare l’Italia dalla dipendenza energetica da Paesi terzi: «Il sindacato può giocare una partita vincente», conclude Pirani, «ma è urgente creare un luogo che veda le forze produttive, quelle del lavoro e le istituzioni, contribuire alle scelte strategiche della transizione energetica».

Ho scritto “Opus Gay", un saggio inchiesta su omofobia e morale sessuale cattolica, ho fondato GnamGlam, progetto sull'agroalimentare. Sono tutrice volontaria di minori stranieri non accompagnati e mi interesso da sempre di diritti, immigrazione, ambiente e territorio. Lavoro in Fondazione Luigi Einaudi