Che il centro e la “politica di centro” nel nostro paese, in questa precisa fase storica, siano sempre più necessari non lo dicono solo gli inguaribili “centristi”. Oggi la vera sfida è quella di ricostruire un campo politico plurale, riformista e di governo che sia realmente competitivo e capace di condizionare la stessa evoluzione del quadro politico italiano.

Un progetto politico, del resto, già delineato dallo stesso Matteo Renzi che contribuisca a consolidare un progetto che si rende utile a fronte di una crescente radicalizzazione della dialettica politica contemporanea. Una radicalizzazione alimentata dal nuovo corso del Pd a trazione Schlein e, sul fronte opposto, da una mai sopita tentazione di contrapporsi frontalmente e fideisticamente all’avversario/nemico. È indispensabile mettere in campo una iniziativa politica che sia in grado di competere e di dialogare con questi “opposti estremismi”. Così un progetto come quello di una rinnovata e moderna “Margherita” quasi si impone.

La potremmo definire una sorta di “Margherita 2.0”, cioè un partito politico autenticamente plurale, strutturalmente riformista, con una spiccata cultura di governo e disciplinato da una convinta e salda democrazia interna. resto, proprio la Margherita all’inizio degli anni duemila rappresentò una novità significativa e oggi questa necessità si impone nuovamente perché manca un soggetto politico titolato a rappresentare un pezzo di società che non si riconosce più nei due schieramenti maggioritari.

Né nel campo della sinistra massimalista, radicale e libertaria della Schlein e né, tantomeno, nella destra che, purtroppo, è ancora caratterizzata da settori estremisti e barricaderi. E una rinnovata e moderna Margherita avrebbe il compito precipuo di fare convergere nell’unico soggetto politico i vari riformismi riconducibili a culture politiche autenticamente riformiste e di governo.

Certo, per centrare un obiettivo del genere servono alcune categorie decisive ed essenziali: e cioè, coraggio civico, intelligenza politica, coerenza culturale e disponibilità a mettere in discussione sigle e movimenti che sino ad oggi, e del tutto legittimamente, pensavano di occupare l’intera area centrista e centrale del nostro paese. Serve, cioè, un vero salto di qualità. E solo gli interpreti e gli eredi di culture politiche autenticamente riformiste e popolari possono farsi carico di tradurre queste indicazioni in un vero e credibile progetto politico nazionale.